Le confuse e per molti aspetti inquietanti conclusioni del Consiglio Europeo, che le dichiarazioni di principio e l’iniziale curiosa soddisfazione del nostro Premier non possono nascondere, erano purtroppo nelle cose. Nessuna seria intesa su materie delicate come le migrazioni – ma sarà così anche sui temi economico-sociali e sulla politica estera e di difesa – può essere raggiunta e tradotta in fatti senza un solido patto legato ad una comune visione politica. Su questo terreno vi è una gravissima responsabilità dell’Italia. Nonostante il meritorio impegno del Presidente Mattarella e la presenza di un Ministro degli Esteri come Enzo Moavero, la nuova maggioranza giallo verde sta collocando il nostro Paese fuori dal solco consolidato della nostra politica estera e comunitaria. Con effetti devastanti che possiamo ora solo incominciare ad intravvedere. La posizione italiana ha fatto mancare all’iniziativa franco-tedesca il supporto fondamentale dello storico alleato italiano.Ciò ha indebolito il ruolo di mediazione della Cancelliera Merkel e ha messo in difficoltà il progetto di rilancio politico dell’Unione abbozzato dal Presidente Macron ancora nel discorso alla Sorbona del settembre scorso. Macron e Merkel non saranno Kohl e Schumann e neppure Degasperi, ma rimangono in ogni caso – pur con le loro contraddizioni – i più credibili riferimenti in Europa. Le “non-conclusioni” del recente Consiglio Europeo sono frutto di questo nuovo e logorato quadro di rapporti politici tra i principali Paesi fondatori.Del resto, come si può immaginare un accordo Europeo alto e coraggioso se il nuovo “valore guida” è diventato il sovranismo nazionalista e se i nostri interlocutori privilegiati sono i Paesi del blocco di Visegrad? Vale a dire quei Paesi guidati dalle destre che fanno del rifiuto della solidarietà europea la loro bandiera? Qualcuno si lamentava giustamente dello scarso “peso” dell’Italia in Europa. Oggi l’unica consolazione (si fa per dire) è che invece l’Italia ha acquisito un ruolo molto forte: quello di un agente “portatore non sano” del virus nazionalista e populista. Un virus che, se può certo produrre guai seri agli altri grandi Paesi europei, può invece portare al suicidio l’Italia.Tutte le legittime aspettative del nostro Paese sono infatti in radicale conflitto di interessi con il pensiero sovranista che noi stessi stiamo sostenendo e diffondendo in Europa e fuori Europa. Lavoriamo con impegno contro il futuro dell’Europa ma anche e forse sopratutto contro quello dell’Italia. Oggi pare che i grandi valori europeistici non siano molto gettonati, anche perché – ammettiamolo -non hanno trovato in epoca recente coerenti e credibili testimoni. Ma almeno occorrerebbe capire che gli stessi interessi nazionali italiani, proclamati come un mantra, vengono compromessi da questa politica suicida di chiusura, che comporta effetti a catena disastrosi per un Paese come il nostro. Ed ancor più per una Terra di confine come la nostra Regione.Quando lo capiremo sarà probabilmente troppo tardi.Domenica a Pontida, Salvini è stato ancora più esplicito del solito nel definire i suoi obiettivi. Sono l’esatto opposto di tutto ciò su cui si è costruita la nostra Repubblica Democratica dopo la seconda guerra mondiale, in Europa e nel mondo. Cosa si aspetta ancora a reagire? Cosa si aspetta a dare vita ad una grande alleanza oltre i partiti – non contro di essi – e oltre le coalizioni precedenti, per chiamare a raccolta tutte le persone che non vogliono vedere se stessi e i propri figli dentro questa triste deriva?