Sono grato a Roberta e agli amici per l’opportunità di dire qualche parola.
Lo considero un privilegio e un grande onore.
Ho potuto salutare Renzo per l’ultima volta qualche settimana fa, a casa sua e ricordo questo incontro con grande commozione.
Si vedeva che la malattia lo stava consumando ed egli ne era pienamente consapevole.
“Spero di cavarmela – mi ha detto – ma se così non sarà, me ne vado in pace con me stesso, con la mia famiglia e con tutti. Ho fatto un bilancio della mia vita e posso dire che è un bilancio positivo”
Ecco. Anche in questo ultimo passaggio, Renzo ha saputo dare una lezione di serenità e di valore.
Segno di una fede profonda e di una forza interiore solida, maturata attraverso una vita condotta in modo esemplare.
Le espressioni di cordoglio per la sua scomparsa sono state unanimi: Renzo era una persona perbene – un galantuomo, come si sarebbe detto una volta – che ha scelto la strada della serietà.
Una strada tutt’altro che facile, perché non è solo questione di stile o di un modo pacato di esprimersi.
Non è una forma esteriore, una sorta di “bon ton”, ma il risvolto di convinzioni profonde.
Chi ha convinzioni profonde non ha bisogno di urlare o di battere i pugni.
Si può essere come Renzo e’ stato – nella vita privata come in quella pubblica – solo se si ha una concezione forte dei principi che contano; se si nutre grande rispetto per gli altri; se si attribuisce un valore importante alla vita ed alla sua dignità.
Renzo ha testimoniato tutto questo innanzitutto nella vita privata.
Con Roberta, Enrico, Antonia; con i nipoti Alice, Federica e Maria, ha saputo far crescere una famiglia unita e solidale, che lo ha accompagnato con amore fino all’ultimo.
Con gli amici – da quelli di vecchia data a quelli conosciuti attraverso la passione per i cavalli – ha saputo mantenere un legame vero, sincero, mai invadente, lezioso, artificioso.
Renzo e’ stato così anche nella vita professionale.
Si è fatto apprezzare da tutti quale funzionario e dirigente dell’Amministrazione Provinciale, dando prova di competenza e di visione tecnica sopratutto in settori all’epoca molto innovativi come – ad esempio – quello dell’energia.
Un campo che gli stava a cuore, perché aveva capito prima di altri che il mondo stava cambiando e occorreva aprire piste nuove.
Questa cifra di serietà, Renzo l’ha poi messa pienamente a frutto nel suo impegno amministrativo e politico.
E’ stato un grande Sindaco di questa comunità: l’ha presa per mano con autorevole dolcezza e condotta unita lungo un percorso di crescita e di qualificazione che tutti oggi riconoscono.
Sapeva bene cosa significa essere un “vero” Sindaco.
Lo ha ribadito – come mi ha ricordato in questi giorni Marco Osler – difronte al Consiglio Comunale, nell’ottobre 2008, congedandosi per assumere la carica di consigliere regionale.
“È certo un lavoro impegnativo quello del Sindaco – ha detto – un lavoro che lo porta ad essere riferimento politico per le varie forze e in questi anni mi auguro di essere stato riferimento non solo per le forze di maggioranza ma anche per quelle di opposizione. Un lavoro che lo porta ad essere guida di governo, ma anche ad assumere il ruolo di ‘padre’ di una famiglia ampia, molto ampia nel nostro caso. Una famiglia che è cresciuta nel tempo e che occorre gestire con le regole della buona amministrazione che sono poi le stesse del buon padre di famiglia: la correttezza, l’onesta, la trasparenza nei rapporti, la disponibilità. Talvolta – concludeva Renzo – quella del Sindaco diventa la spalla sulla quale appoggiarsi e qualche volta anche piangere”
Competenza e umanità: così Renzo ha guidato Pergine durante i suoi mandati di Sindaco.
Ha messo in moto tanti progetti; costruito intese importanti con la Provincia; esercitato una leadership rispettosa cooperativa con gli altri Comuni della Valle;’qualificato lo spazio urbano e i servizi ai cittadini.
Ma sopratutto ha dato corpo ad una visione lungimirante e ambiziosa; perché sapeva che senza una visione, amministrare rischia di diventare una confusa “girandola del fare”.
Se Pergine oggi può fregiarsi del titolo di “città” lo si deve a quella visione che Renzo ha coltivato, condiviso, trasmesso a tutti i suoi interlocutori.
Penso che Renzo sarebbe d’accordo nel dire che prima di tutto una “città” ha bisogno di sentirsi unità e solidale: ha bisogno di sentirsi una “comunità”.
Ecco perché la sua testimonianza di Sindaco rimane un viatico essenziale anche per il futuro.
Abbiamo un bisogno assoluto di riscoprirci “comunità”.
Renzo aveva le idee chiare sulla nostra Autonomia, che non appartiene agli Enti Pubblici che la amministrano: appartiene alle comunità.
Esse la interpretano lungo sentieri che si intrecciano con le convinzioni, i sogni, le paure e le esperienze concrete delle persone che le abitano.
E i Municipi ne costituiscono l’architrave essenziale, senza la quale l’intera impalcatura autonomistica rischia di afflosciarsi sotto il peso del proprio potere.
Per questo ha lavorato molto per dare al Consorzio dei Comuni – che ha presieduto in un periodo decisivo – un profilo autonomo di contraltare – in senso costruttivo e dialettico – della Provincia.
Sapeva – e lo diceva spesso – che un sistema ha bisogno di pesi e contrappesi e che questo difficile equilibrio richiede il reciproco riconoscimento della pari dignità istituzionale.
Assieme a tanti amici e colleghi, molti dei quali oggi presenti, abbiamo avuto la fortuna  e l’onore di avere Renzo come compagno di strada in Consiglio Provinciale, quale convinto protagonista del nostro Partito.
Sono stati anni impegnativi ed anche di grandi soddisfazioni. Anni nei quali Renzo non ha mai fatto mancare il suo sostegno al nostro comune percorso, senza però mai rinunciare all’autonomia di pensiero e di giudizio.
Non era uno Yes Man. Anzi. E per questo la sua vicinanza e’ stata preziosa.
Non lo trovavi mai impreparato su un argomento in discussione. Non una volta lo abbiamo sentito rivolgersi ad un collega in modo men che rispettoso, rifiutare un dialogo, irridere proposte diverse da quelle che lui sosteneva.
Renzo ha certamente interpretato in modo ineccepibile il ruolo del legislatore, garantendo così il proprio apporto alla credibilità ed alla qualità del Parlamento della nostra Autonomia.
E anche per questo aspetto, il suo è un lascito importante: se l’Assemblea legislativa perde il senso del suo essere “Parlamento” e degrada nella reciproca delegittimazione e nella polemica pretestuosa, uccide il valore peculiare delle nostre speciali istituzioni autonomistiche.
Renzo se n’è andato come ha vissuto.
Con dignità, serietà, pacatezza. Vorrei dire: con umiltà e mitezza.
Renzo e’ stato un uomo umile e mite.
Potrebbero sembrare doti oggi fuori moda, sopratutto in politica; più un handicap che un punto di forza.
Ma pensiamoci bene: dove, se non nell’umiltà e nella mitezza – in questo tempo di grida sguaiate e di arroganza senza limiti – possiamo ritrovare il senso vero della politica?
Dove, se non nell’umiltà e nella mitezza, possiamo trovare quel seme di valore che ci può aiutare a superare l’avvitamento del potere sul potere, l’esaltazione egocentrica, l’insopportabile presunzione di chi si pone sopra e non accanto al popolo ma anche il desolante vuoto ideale di chi il popolo invece lo segue a prescindere, per puro interesse?
E dove, se non nella testimonianza di persone come Renzo, possiamo riscoprire la forza e assieme il limite della politica, che è “molto” per la vita degli uomini, ma non è mai “tutto” ?
Roberta, Enrico, Antonia: grazie per aver aiutato Renzo ad essere come lo abbiamo conosciuto e apprezzato e grazie per averlo accompagnato nel suo prezioso percorso al servizio della comunità. Sappiamo che questo ha comportato anche molti sacrifici, che oggi – nel momento del dolore – si traducono però nella stima e nella gratitudine di tutti.
Ne è una dimostrazione anche la presenza oggi di tantissimi cittadini, delle principali autorità pubbliche – dal Signor Sindaco al Presidente del Consiglio Provinciale – di numerosi ex colleghi e di molti rappresentanti delle istituzioni comunali, provinciali e nazionali.
Vai in pace, Renzo, accompagnato dall’affetto dei tuoi cari e della stima della comunità.
Anche tu – a buon diritto – puoi dire, con San Paolo: “E’ giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia; ho terminato la mia corsa; ho conservato la fede”.