La Comunità trentina vive con forte e solidale partecipazione il dramma del terremoto in centro Italia. La nostra Protezione Civile – come al solito – ci rappresenta tutti nelle fasi dell’emergenza, con competenza e generosità.
Ma proprio l’esperienza maturata in tante emergenze simili – da ultimo quella del terremoto in Abruzzo del 2009 – ci ha fornito una lezione importante: il primo soccorso è fondamentale ma la vera sfida arriva con il «giorno dopo». Noi trentini a L’Aquila ci siamo rimasti sei mesi e abbiamo visto quanto difficile sia tornare alla vita normale e quanto in salita sia la strada della ricostruzione civile e materiale.
Lo scorso 18 agosto, ricordando a Pieve Tesino Alcide Degasperi, il Presidente della Repubblica Mattarella ci ha sollecitati a rafforzare proprio la nostra speciale responsabilità. Il Presidente si riferiva al particolare quadro dei nostri territori e all’opera di pace che l’Accordo di Parigi ha prefigurato per l’area attorno al Brennero.
Ma il discorso vale anche di fronte al dramma del terremoto in centro Italia. Mi sento di formulare un proposta, che spetta ovviamente alle autorità provinciali valutare e se del caso approfondire e fare propria: il Trentino sia incaricato dal Governo nazionale di «adottare» una parte del territorio colpito dal sisma e ne sia responsabile – in accordo con i poteri locali – anche per la fase successiva alla prima emergenza.
Il Trentino può mettere a disposizione due cose importanti.
Primo: un tessuto civile e sociale che ha dimostrato di saper «farsi carico» di situazioni difficili e che potrebbe mobilitare in forma organica significative risorse collettive (non pubbliche), materiali e non materiali, attraverso un «gemellaggio» concreto e solidale. E l’esperienza ci dice quanto questa dimensione dei rapporti corti e diretti sia importante se non decisiva per aiutare le comunità colpite da un dramma di queste proporzioni a recuperare piano piano la propria normalità.
Secondo: una certa quantità di soldi pubblici, immediatamente disponibili e supportati – se del caso – da un apparato amministrativo e operativo efficiente, che non avrebbe nessun problema ad operare, su mandato del Governo, in quei territori per il tempo necessario.
Questo secondo punto richiede una spiegazione, naturalmente. La Provincia Autonoma di Trento ha sottoscritto un accordo finanziario con lo Stato nel 2014. Tale accordo – il secondo dopo quello di Milano del 2009 – prevede tra l’altro che noi – fino al 2018 – siamo tenuti a rispettare sia il pareggio di bilancio che il patto di stabilità misurato con tetti di spesa. Anche le recenti normative nazionali, riguardanti tra l’altro l’utilizzo degli avanzi di amministrazione, concorrono a rendere difficile per noi il pieno e corretto utilizzo delle risorse previste dallo Statuto.
In altre parole, abbiamo diritto alle entrate così come definite dallo Statuto ma il quadro normativo tende a rendere impossibile il pieno utilizzo di tutte le risorse derivanti dalla prevista devoluzione del gettito relativo agli esercizi precedenti.
Ritengo che la Provincia potrebbe offrire al Governo un compromesso immediato a fronte dell’emergenza del terremoto in centro Italia, con la stipula di un accordo attraverso gli strumenti statutari previsti, ivi comprese le Norme di Attuazione: una parte di questi soldi – tutti giuridicamente nostri ma non tutti nella nostra effettiva disponibilità – sia autorizzata in piena disponibilità della Provincia, nell’arco di alcuni anni (in modo da sostenere la capacità di spesa dell’ente secondo i suoi programmi) e una parte sia invece utilizzata (di comune accordo) per interventi a favore del territorio colpito dal sisma.
Sarebbe una soluzione di buon senso per tutti. Per i cittadini colpiti dal terremoto, ma anche per lo Stato e per la Provincia Autonoma. Eviterebbe una trafila di contenzioso che diversamente prima o poi si dovrà mettere in campo, con esiti che neppure gli aruspici possono prevedere.
Lo Stato sa che questi soldi sono dei trentini ma si muove in modo da non riconoscere di fatto questo diritto. La Provincia ugualmente sa che questi soldi sono suoi, ma non sa come poterli di fatto utilizzare, oggi e in futuro. Un compromesso ragionevole, dunque, potrebbe evitare uno spiacevole contenzioso e dare subito un segnale concreto ad una parte di Italia che oggi ha veramente estremo bisogno di misurare nei fatti le tante parole di vicinanza e di solidarietà.
Penso che su queste basi il Trentino potrebbe dare una mano importante al Paese: provvedere a realizzare in tre mesi un numero adeguato di alloggi e di servizi scolastici e di culto, con strutture in legno, sul modello di quanto realizzato a L’Aquila, dislocati in tante aree vicine ai nuclei storici colpiti, in modo da non perdere – per il numero di anni che serviranno per la ricostruzione – il senso dei luoghi e il valore delle comunità originarie.
Ed evitando così nel che qualche migliaio di persone debbano trascorrere l’inverno in ricoveri precari e inadeguati. Piccoli villaggi diffusi in legno (efficienti, reversibili e poco costosi: si stima che con 10 milioni di Euro si possa dare ospitalità a 1000 persone) nel mentre si avvia la fase di ricostruzione, che sarà difficile, ambiziosa e non certo immediata: se questa – come pare – sarà la sfida del Governo Renzi, in alternativa alle tristi e costose New Town in cemento realizzate dal Governo di allora in Abruzzo, il Trentino – con le sue istituzioni pubbliche, il suo volontariato organizzato e diffuso, le sue imprese del settore – potrà essere un alleato serio e affidabile.
E magari potremmo iniziare, anche con il contributo della generosità dei cittadini e delle associazioni del Trentino, da una nuova scuola in legno per Amatrice.