Stimo ed ap­prez­zo da sem­pre Paolo Rumiz. A mag­gior ra­gio­ne vor­rei dire che il ri­trat­to del Tren­ti­no che tra­spa­re dal suo ar­ti­co­lo su Re­pub­bli­ca di ieri, pur par­ten­do da al­cu­ni ele­men­ti reali, ri­schia di es­se­re più che altro una ca­ri­ca­tu­ra. Certo, ci sono an­co­ra sac­che di fon­da­men­ta­li­smo nella va­lu­ta­zio­ne dei fatti ac­ca­du­ti un se­co­lo fa e ri­guar­dan­ti il pas­sag­gio del Tren­ti­no dal­l’Au­stria al­l’I­ta­lia. E può anche darsi che qual­cu­no ri­pro­pon­ga an­co­ra con di­sprez­zo l’ap­pel­la­ti­vo di “tra­di­to­re” a pro­po­si­to di Ce­sa­re Bat­ti­sti. Ma si trat­ta di am­bien­ti sem­pre più mar­gi­na­li. La stra­gran­de mag­gio­ran­za della po­po­la­zio­ne e dei rap­pre­sen­tan­ti po­li­ti­ci ra­gio­na come deve ra­gio­na­re un ter­ri­to­rio “di mezzo”, dove si è sem­pre spe­ri­men­ta­to che i na­zio­na­li­smi por­ta­no dram­mi e ro­vi­ne. Per for­tu­na, il ri­cor­do di Ce­sa­re Bat­ti­sti si è con­so­li­da­to nel tempo in ter­mi­ni molto di­ver­si dalla re­to­ri­ca del ven­ten­nio fa­sci­sta e molto ha fatto in que­sto senso la ri­cer­ca sto­ri­ca sia lo­ca­le che in­ter­na­zio­na­le. Oggi però, anche in Tren­ti­no, il ri­schio più gran­de non è quel­lo dei pochi fa­na­ti­ci estre­mi­sti (molti meno che negli altri ter­ri­to­ri a ca­val­lo del Bren­ne­ro, pe­ral­tro) ma sem­mai l’o­blio. Per que­sto sono pre­zio­se le at­ti­vi­tà che le di­ver­se as­so­cia­zio­ni e le strut­tu­re scien­ti­fi­che pro­mos­se dalla Pro­vin­cia Au­to­no­ma stan­no of­fren­do alla po­po­la­zio­ne e so­prat­tut­to ai gio­va­ni. Del resto, la sto­ria del Tren­ti­no – anche nel qua­dro del Ti­ro­lo Sto­ri­co – è sto­ria com­ples­sa e tra­va­glia­ta, con­no­ta­ta dal prin­ci­pio delle ap­par­te­nen­ze plu­ri­me poi tra­vol­to dal tempo dei na­zio­na­li­smi. Un prin­ci­pio che solo la buona cul­tu­ra e la buona po­li­ti­ca pos­so­no oggi ri­pro­por­re nei nuovi sce­na­ri, come an­ti­do­to allo spet­tro dei fili spi­na­ti che ri­tor­na­no. Forse, non di­spor­re di un “eroe au­to­no­mi­sta” alla An­dreas Hofer, per ri­pro­por­re la ci­ta­zio­ne di An­to­nel­li, può es­se­re un li­mi­te per il Tren­ti­no. Così come aver do­vu­to per se­co­li cu­sto­di­re la rete della micro au­to­no­mia fatta di an­ti­che re­go­le co­mu­ni­ta­rie senza poter di­spor­re di un Land (se non con lo Sta­tu­to di Au­to­no­mia del se­con­do do­po­guer­ra). Ma que­sta è la no­stra sto­ria com­ples­sa che non è giu­sto sia sot­to­po­sta a ca­ri­ca­tu­re. Anche noi – ha ra­gio­ne su que­sto Paolo Rumiz – pos­sia­mo es­se­re nella con­di­zio­ne di “non sa­pe­re più da che parte stare”. Non siamo gli unici, pe­ral­tro, in que­sta Eu­ro­pa in crisi di iden­ti­tà e di va­lo­ri. E da tempo ab­bia­mo aper­to una seria ri­fles­sio­ne sul no­stro fu­tu­ro. Che non ri­guar­da certo se “stare con l’I­ta­lia o con l’Au­stria”, ma come ri­pro­por­re una ap­par­te­nen­za plu­ri­ma nella sta­gio­ne della glo­ba­li­tà. La ri­cer­ca sto­ri­ca – sulla quale molto ha in­ve­sti­to e sta in­ve­sten­do la Pro­vin­cia – spe­ria­mo ci aiuti a ri­co­strui­re una bus­so­la. Paolo Rumiz e’ mae­stro nel de­scri­ve­re le terre di mezzo e le com­ples­si­tà che si se­di­men­ta­no nei ter­ri­to­ri. Se scava un po’ di più in Trentino, troverà qualcosa di molto più solido delle sparate nostalgiche e anche delle espressioni poco felici che qualcuno può aver usato.