Osservavo qualche giorno fa su questo giornale che anche il Trentino è chiamato a definire la propria visione di lunga prospettiva in sintonia con la suggestione di «Italia 2040» lanciata dal Premier Renzi al termine di Expo. Una buona occasione di stimolo in questo senso arriva dalle notizie riguardanti il futuro dell’Autobrennero, che diventerà “in house” e non avrà quindi bisogno di gara per continuare a gestire la concessione autostradale. È il caso di rilanciare il senso di questa operazione. Si tratta, infatti, di una operazione che va molto al di là del pur forte legame affettivo ed economico tra la nostra Regione e questa impresa che i nostri padri hanno voluto e difeso. Trento, Bolzano e Innsbruck rappresentano il “cuore alpino” del Corridoio che collega Verona con Monaco di Baviera. Questi nostri tre territori alpini (colgo l’occasione per rivolgere un sincero augurio di buon lavoro a Ugo Rossi, nuovo Presidente di turno del Gect) non avranno nessuna possibilità di un futuro competitivo e sostenibile nel lungo periodo, se competitiva e sostenibile non sarà la filosofia con la quale si progetta e si realizza il Corridoio del Brennero. Ecco perché la decisione di trasformare l’Autobrennero in una società pubblica secondo la normativa europea delle “in house” deve essere valorizzata e implementata come tassello fondamentale di un mosaico complesso e ambizioso. Sottopongo 5 punti aperti nella trama di questo mosaico. Primo. I proventi della gestione della Autobrennero saranno utilizzati per integrare i fondi pubblici italiani ed europei per la nuova ferrovia: benissimo. Rimane una preoccupazione: non sembra esserci traccia dei finanziamenti pubblici per la copertura delle nuove tratte ferroviarie a sud di Ponte Gardena. E il Tunnel di Base del Brennero senza le nuove tratte fino a sud di Ala (molta parte delle quali in galleria ) avrebbe la stessa validità del Ponte sullo Stretto senza una nuova infrastruttura ferroviaria in terra ferma. Secondo. Le politiche dei trasporti richiedono strategia di sistema. Non basta investire in ferrovia per esser certi che essa acquisti un ruolo primario per lo spostamento di merci e persone. Se non si determina una comune volontà di intenti e interessi che parta dal luogo di produzione dei beni e finisca nel luogo di utilizzo, la sola offerta di capacità di rete non servirà a granché. Il quadro generale non è esaltante, nel nostro Paese. Se poi ci aggiungiamo (con la Valdastico, ovunque sbocchi in valle dell’Adige) un investimento di un paio di miliardi di Euro per portare più comodamente gli autotreni dalla costa Adriatica e dal confine orientale fino a Trento via autostrada, la coerenza di sistema si perde. Terzo. La valenza del Corridoio del Brennero sta nella sua natura multifunzionale. Non si tratta solo di far transitare merci e persone; si tratta anche di lavorare a connessioni energiche e telematiche. Anche in questo caso, però, non è solamente questione di “attraversamento”: in una logica di Corridoio multifunzionale, i nostri territori devono poter consolidare la propria vocazione, già oggi marcata, di distretti leader nella conoscenza e nella produzione nel campo dell’energia e del digitale. Quarto. Un Corridoio multifunzionale così concepito, o sarà “verde” o non sarà. L’intera costruzione concettuale che ha condotto le due Province Autonome e il Land Tirol in tanti anni di battaglie comuni attorno al tema del traffico è legata alla qualità della vita e dell’ambiente. Non ha senso lo spostamento del traffico internazionale su una nuova ferrovia se non puntiamo a essere leader nel campo delle modalità innovative e sostenibili di produzione e di trasporto interno. Pur comprendendo che le dinamiche finanziarie sono oggi più difficili non può non suscitare una certa amarezza constatare che si è archiviata con troppa sufficienza la filosofia di Metroland (che puntava a un uso integrato di ferro e fune per immaginare le connessioni tra asse del Brennero e valli) mentre Governo, Regione Veneto e Serenissima A4 ci hanno imposto di riaprire il tema della Valdastico (che sul piano della mobilità ripercorre l’opzione non certo innovativa dell’asfalto). Quinto. Occorre riflettere sul tema della governance del Corridoio. Ci sono certamente molti organismi politici e tecnici nei quali è costante e proficua – da anni – la condivisione della strategia: dalla CAB (Comunità di Azione del Brennero) agli organismi di supporto alla BBT. Si tratta tuttavia, in prevalenza, di organismi orientati al tema del traffico di merci e persone. Occorre forse pensare a forme di governance più complessiva, idonee a coordinare e orientare, secondo criteri di coerenza, non solo le politiche dei trasporti ma anche le attività pubbliche e private che nei territori del Corridoio hanno a che vedere con la vocazione “verde” e le funzioni strategiche nel campo dell’energia e del digitale. Sarebbe un modo innovativo per applicare la nostra Autonomia al governo dei “flussi” e non più solo dei “luoghi”. Ma sarebbe anche un laboratorio interessante per dimostrare come si può praticare un governo a rete dei processi di sviluppo senza che la complessità delle questioni, l’ampiezza dei territori coinvolti e la rilevanza degli interessi nazionali e internazionali debbano per forza comportare una verticalizzazione dei poteri in salsa statalista.