articolo pubblicato oggi, giovedi 16 ottobre sul quotidiano Trentino
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TRENTO – Premette che nelle condizioni date si tratta di «un buon punto di accordo», «che mette le due Province in condizione di programmare le proprie risorse». Ma l’ex presidente della Provincia, oggi deputato Lorenzo Dellai – in una nota firmata insieme al senatore Vittorio Fravezzi – ieri ha messo in guardia su alcuni punti deboli dell’intesa siglata a Roma. «Punti rimasti indefiniti», spiega, su cui «sarà necessario tornare in futuro». «Le condizioni della trattativa – scrivono Dellai e Fravezzi – non hanno consentito di acquisire pienamente gli obiettivi che le due Province si erano poste». A cominciare dalla mancata individuazione di un parametro oggettivo in base al quale determinare la quota del concorso di Trento e Bolzano alla finanza pubblica nazionale. Questo criterio per Dellai era il residuo fiscale (la differenza tra il gettito erariale prodotto da un territorio e quanto lo Stato spende per quel territorio, ndr), la proposta che la Provincia di Trento mise sul tavolo dell’allora governo Monti quando governatore era ancora Dellai. «Evidentemente il governo non ha ritenuto di accettare questo ragionamento – nota Dellai – è vero che per il medio periodo la crifra che il Trentino dovrà dare allo Stato è grosso modo la stessa che sarebbe uscita applicando il residuo fiscale, ma sarebbe importante che si riuscisse a sancire un criterio oggettivo per il futuro». Con il criterio del residuo fiscale era stato calcolato un apporto del Trentino di circa 500 milioni di euro all’anno: nell’accordo la cifra è fissata in 413 milioni all’anno (più i 568 milioni dell’accordo di Milano) dal 2018 per 5 anni, mentre dal 2023 la quota aumenterà sulla base della percentuale degli interessi sul debito pubblico. «Un’incognita da non trascurare – osserva Fravezzi – se ripartisse la speculazione, come avvenuto durante la corsa dello spread, la situazione diventerebbe molto pericolosa». Altro nodo critico dell’accordo romano, secondo Dellai e Fravezzi, è rappresentato dal fatto che «il governo si è riservato unilateralmente una quota aggiuntiva di concorso finanziario (il 10%, ndr) da parte dellae Province in caso di particolari situazioni di criticità». Un’obiezione a cui il presidente della Provincia Ugo Rossi risponde così: «Non è una sconfitta, abbiamo messo un tetto, che prima non c’era, alla possibilità dello Stato di intervenire in maniera discrezionale sui nostri conti com’è accaduto negli ultimi anni». Ma c’è un terzo punto dell’accordo romano che resta in sospeso e rimanda a una definizione successiva: riguarda uno degli obiettivi che la Provincia ha perseguito in questi mesi di trattativa, l’allentamento del patto di stabilità, ovvero la possibilità di spendere risorse che ha a disposizione. Il governo ha preso l’impegno a valutare l’ampliamento degli spazi finanziari per le due Province ma – notano ancora Dellai e Fravezzi – «la definizione puntuale del quantum è rinviata a dopo la legge di stabilità». «Non sono ancora in grado di fare i conti», è la chiosa di Rossi, «ma l’impegno è preso». Non resta dunque, incalza Dellai, che «vigilare sul passaggio parlamentare e completare l’adozione delle norme di attuazione».