Le dimissioni irrevocabili di Mario Monti da Scelta Civica chiudono una fase nella vita del nostro movimento, che siamo onorati di aver concorso a far nascere fin dal tempo dei “promotori”. Ciò che Monti ha fatto con il suo governo e poi con la nascita di Scelta Civica è stato un servizio prezioso per il Paese, in un passaggio delicato e difficile; ha contribuito in modo non secondario alla ricostruzione della credibilità delle istituzioni in Italia e in Europa; ha positivamente condizionato l’avvio di questa legislatura nel segno della responsabilità delle principali forze politiche sul piano del governo, contro le tentazioni dello sfascio. Non abbiamo condiviso le sue dimissioni: a fronte di problemi politici posti da esponenti del Partito, sarebbe stato preferibile ricercare un chiarimento franco e sincero sulla base delle normali dialettiche interne. Tuttavia, ciò non attenua di un millimetro non solo la stima ma anche la gratitudine per ciò che ha fatto e potrà fare, pur in ruoli diversi, per il Paese.
Di certo, il suo atto ha drammatizzato una discussione che era nelle cose. Per sua natura, Scelta Civica è un soggetto politico in formazione; è una sorta incubatore di un progetto politico, che – dentro Scelta Civica – abbiamo sempre pensato dovesse essere costruito assieme a molti altri. Se le start-up non evolvono in vere e proprie imprese di mercato muoiono; così anche Scelta Civica, se non coglie la necessità di costruire un progetto politico stabile e maturo, rischia di tradire le aspettative e le speranze che ha suscitato.
Ecco perché abbiamo l’obbligo di discutere con coraggio e lungimiranza del nostro futuro: a partire dalla definizione del profilo dei valori politici che intendiamo perseguire. E’ vero che non ci sono più le ideologie totalizzanti, ma la politica non può rinunciare a delineare la propria visione generale. Cresce oggi tra i cittadini una domanda di ” senso ” e di orientamento legata all’inquietudine e all’incertezza che caratterizza il nostro tempo.
Cambiano i paradigmi e il profilo dell’orizzonte è sempre più oscuro: la politica non può esimersi dal compito di aiutare le persone a ricostruire una bussola con la quale orientarsi.
Ma una politica dissociata da una cultura di riferimento non produce visone ma solo illusioni.
Certo, servono culture politiche non ammuffite o ripiegate sul passato. E questo riguarda l’intero arco delle sensibilità, interpellate non in superficie, ma con una intensità alla quale non si corrisponde con semplici operazioni tattiche o con mere ricollocazioni di gruppi dirigenti. Vediamo su questo terreno una opportunità molto forte di evoluzione anche di Scelta Civica. Non più nel senso di uno spazio “altro” rispetto a quello dei partiti, ma come ricostruzione di un’area politica autenticamente e innovativamente popolare.
Autenticamente: perché il centro destra italiano ha portato ad una mutazione genetica del popolarismo. Innovativamente: perché non si costruisce nuova politica guardando solo al passato. Servono nuovi linguaggi, nuove sensibilità e nuova classe dirigente. Ciò che vogliamo e possiamo ora costruire è un popolarismo di nuova concezione, radicato nella cultura di un cristianesimo rinvigorito e rinnovato da Papa Francesco e insieme innervato – come è stato nelle stagioni migliori – dalla coscienza laica. Un popolarismo che incorpora i valori di una concezione liberale spogliata da ogni incrostazione di indifferenza al valore della giustizia.
Un popolarismo riformista ed europeista; rispettoso della sussidiarietà e dell’autonomia responsabile dei territori; nemico di ogni populismo; fedele ad una democrazia di concezione comunitaria e non individualista; sostenitore di chi crea valore col proprio impegno e la propria intelligenza; esigente sul piano della moralità nella vita pubblica e nei comportamenti privati dei politici; rigoroso nella gestione della finanza pubblica. Un popolarismo che – secondo gli auspici del Capo dello Stato – sostiene con vigile lealtà il Governo Letta se possibile per tutta questa legislatura, perché questo è nell’interesse del Paese e che in prospettiva si pensa e si organizza in concorrenza con la sinistra ma degasperianamente alternativo alla destra.
Un popolarismo che si incarna in una forma partito tutta nuova. Non un partito liquido e verticalizzato, ma una federazione solidale e plurale di movimenti territoriali, di aggregazioni di persone, di espressioni libere della società italiana. Non un partito inteso come macchina elettorale a
servizio di un leader, ma riproposto come veicolo di democrazia, di partecipazione, di radicamento e di presenza nelle comunità locali e negli ambiti di vita delle persone, di formazione e di selezione di una classe dirigente che sia all’altezza dei doveri del servizio politico. Una stagione si sta chiudendo e la nuova non può essere costruita sulla ambizione di ereditare semplicemente una parte del vecchio sistema. Siamo convinti che nessuno dentro i gruppi parlamentari di Scelta Civica intenda partecipare in nessun modo al rilancio del PDL. Prestare attenzione a ciò che si muove in quel partito e soprattutto nel suo elettorato non significa certo fare accordi di alcun tipo con Berlusconi o con chi ancora ritenga che il futuro consiste in “un grande centro destra con Berlusconi padre nobile”.
Il futuro – per noi – è un partito popolare, democratico, riformista, europerista; in netta discontinuità con la stagione berlusconiana; pronto a confrontarsi con la sinistra sulla base di valori e di principi che nulla hanno a che vedere con questa stagione. Ci vorrà del tempo? Ne abbiamo. E’ una strada in salita e oggi non favorita dai sondaggi? Non importa; nessun progetto serio nasce nella bambagia.
Possiamo provarci. A condizione che apriamo tra di noi un serio dibattito politico e che ci ricordiamo che i processi di cambiamento veri avvengono con il pieno coinvolgimento dei cittadini e non solo degli eletti nelle istituzioni. Per questo non riteniamo oggi opportuno sancire a priori un’ipotesi di divisione dei nostri gruppi parlamentari. Essi sono piuttosto – come sosteniamo da tempo – un possibile laboratorio dal quale partire per costruire un progetto che sia un generoso passo avanti rispetto alle sigle che li compongono ma che, sopratutto, abbia l’ambizione di coinvolgere, necessariamente sotto la guida di nuove leadership, persone e realtà oggi
non comprese nel ristretto perimetro dei partiti attuali. Quello che serve, piuttosto, anche a fronte delle esternazioni polemiche di questo ultimo periodo, è aprire una seria e stringente verifica circa la sussistenza delle ragioni fondanti dello stare assieme e delle comuni prospettive per il futuro.
E’ un momento difficile, nel quale dobbiamo difenderci da ogni caricatura e da ogni tentativo di strumentalizzazione. Ma dobbiamo anche capire che né l’arroccamento né la rassegnazione a diventare una mera appendice altrui (chiunque sia) rappresentano vie accettabili e utili per valorizzare il percorso che abbiamo fatto fin qui.
On. Lorenzo Dellai, Sen. Andrea Olivero”