1. L’Europa.
È una Europa a macchia di leopardo quella che emerge dal voto.
In generale, comunque, se i partiti tradizionali escono indeboliti, il variopinto aggregato populista e sovranista non sfonda affatto, a differenza di quanto si temeva.
Cresce il voto anti europeo e di destra – in particolare in alcuni Paesi – ma non in maniera tale da poter condizionare il PPE verso un accordo in quella direzione.
L’unica possibile maggioranza politica che possa reggere nel Parlamento Europeo resta quella formata da popolari, socialisti e liberal-democratici di Alde.
Con la conseguenza che il Governo italiano in carica sarà così ancora più isolato e debole a Bruxelles.
2. L’Italia.
A livello nazionale, si consolida la Lega. La svolta a destra è evidente e diffusa su tutto il territorio ed è incardinata sull’asse Salvini-Meloni, che supera il 40 per cento.
Forza Italia è ridotta ormai ad un ruolo marginale (oltretutto politicamente succube di Salvini) e il M5S vede crollare i consensi ottenuto un anno fa.
Il PD porta la sua lista “aperta” oltre il 22 per cento. Più Europa non supera la soglia di sbarramento.
Morale: il vento di destra è ancora fortissimo. L’area democratica resiste con dignità e recupera voti a sinistra – riconquistandone una parte che era finita ai Grillini – ma l’alternativa non è ancora preparata. Serve lavorarci a lungo, con pazienza e con soluzioni nuove.
C’è bisogno di idee, leaders, messaggi più chiari e aggiornati. E di una Alleanza plurale e ampia, sul modello dell’Ulivo, guidata da un candidato Premier autorevole, credibile e capace di parlare alla mente e al cuore degli italiani.
3. I “popolari”.
In questa Alleanza non può mancare una forza di ispirazione popolare e liberal-democratica. Per queste culture non c’è alcun posto nella destra di Salvini e Meloni che sia compatibile con i valori e la storia politica che esse rappresentano.
Ma servono generosità e fiducia reciproca tra le molte esperienze, nazionali e locali, che si stanno muovendo (separatamente) in questo campo. All’appello delle forze democratiche ed europeiste non può mancare questa componente.
4. Il Trentino.
Per la terza volta in pochi mesi (dopo le ultime politiche e le provinciali) il Trentino si dimostra totalmente omologato al resto d’Italia e travolto dal vento della destra nazionalista, con la Lega che sfiora il 38 per cento.
Per una Terra Autonoma come la nostra – che dovrebbe conoscere gli effetti drammatici del nazionalismo e la loro intima inconciliabilità con i valori dell’Autogoverno – si consolida dunque una fase di spostamento a destra diffuso e pesante.
Giulia Merlo e Cristina Donei – che vanno ringraziate di cuore – hanno fatto tutto ciò che potevano per interpretare una speranza. Con risultati purtroppo non sufficienti a vincere, ma del tutto dignitosi. Risultati che non vanno oggi dispersi, ma coltivati con impegno e generosità, chiamando a raccolta tutte le energie positive della società trentina che non intendono rassegnarsi a questa deriva di omologazione culturale prima che politica.