Signor Presidente,
come avevo anticipato nell’incontro dei capigruppo della maggioranza di ieri, riteniamo che la decisone di richiedere al Governo di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale sia inopportuna sul piano politico e una forzatura su quello istituzionale.
La materia elettorale richiede cautele particolari e tutti ricordiamo cosa ha prodotto una scelta analoga adottata, non molto tempo fa, sul cosiddetto Italicum.
Per di più, in questo caso, non siamo in presenza di attività ostruzionistiche tali da minacciare il percorso parlamentare della proposta di legge, circa il merito della quale, peraltro, il nostro Gruppo ha sempre assunto e manterrà un atteggiamento costruttivo e positivo.
La richiesta al Governo affinché ponga la questione di fiducia e’ derivata invece dal timore che i gruppi parlamentari favorevoli alla proposta di legge siano smentiti dai propri deputati nel voto segreto su una serie di emendamenti, alcuni dei quali peraltro – come noto – sollevano problemi tutt’altro che peregrini, che sarebbe stato fondamentale poter discutere e analizzare a fondo.
Questa scelta ha messo il Governo ed il suo Presidente in una evidente situazione di difficoltà, proprio nella delicata e cruciale fase finale della legislatura, per la quale sarebbe stato – e per noi continua ad essere – prezioso il profilo inclusivo e di ragionevolezza del Premier Gentiloni.
Non è il Governo che prende l’iniziativa di utilizzare la prerogativa costituzionale del voto di fiducia per superare uno stallo parlamentare; è invece la maggioranza parlamentare – alla quale si aggiunge in sostanza una parte significativa dell’opposizione – che chiama in causa il Governo per risolvere i propri problemi di tenuta interna su un provvedimento di iniziativa parlamentare che, in teoria, dovrebbe avere il sostegno di 450 deputati su 630.
Non è una circostanza felice per la credibilità del Parlamento, in una stagione già precaria per le istituzioni della democrazia rappresentativa.
Comprendiamo bene che a monte del passaggio di oggi – e’ doveroso riconoscerlo – vi è una lunga stagione di contraddizioni, di passi falsi e di azioni impeditive della politica sul terreno delle riforme costituzionali e istituzionali, più volte autorevolmente censurata dal Presidente Napolitano prima e dal Presidente Mattarella poi.
Vi e’ – se vogliamo essere onesti – il sostanziale fallimento del ciclo politico-istituzionale baldanzosamente inaugurato nei primi anni novanta sulle macerie della Prima Repubblica, con le sue semplificazioni, le sue illusioni, le sue repentine delusioni.
Un ciclo che richiama un po’ la presunzione dei babilonesi che pretendevano di costruire la torre verso il cielo senza accorgersi che essa era fragile perché priva equilibrio e di solide basi.
E così, nel miscuglio tra spinte maggioritarie e confusi ritorni al proporzionale, tra aspirazioni di autosufficienza e rivalutazioni dell’idea coalizionale, senza che peraltro si siano predisposte, in un caso e nell’altro, coerenti infrastrutture politiche, e’ accaduto che siamo arrivati alla vigilia delle elezioni senza che vi sia chiarezza sul sistema di voto.
Condividiamo la forte preoccupazione per questo stato delle cose – di cui nessuno può addebitare la responsabilità solo agli altri – e sappiamo bene che sarebbe disastroso un ennesimo naufragio su qualche importante voto segreto; ma, posto che il fine sia buono, non è comunque vero che il fine giustifica i mezzi.
Oltretutto, il buon senso e la memoria storica suggerirebbero di tenere anche presente che le forzature una volta si impongono, ma poi la volta successiva si subiscono, magari ad opera di chi oggi sta mettendo in scena sguaiate proteste fuori da quest’Aula.
Il nostro Gruppo Parlamentare – come detto – ritiene dunque che questo passaggio sia una inopportuna forzatura.
Nello stesso tempo il Gruppo è unanime nel considerare di fondamentale importanza per il Paese la continuità del Governo Gentiloni fino a quando questa difficile legislatura non sarà arrivata al suo temine naturale, con il varo della manovra di Bilancio – che dovrà rendere più solida e più equa la ripresa, raccordandosi con il nuovo non facile contesto politico in Europa – e con l’approvazione degli altri provvedimenti legislativi ed amministrativi che la comunità attende.
Nessun membro del Gruppo, pertanto, voterà contro la fiducia richiesta dal Governo.
E tuttavia, essendo una fiducia richiesta in un contesto anomalo, come ho cercato di argomentare, ogni deputato del Gruppo sceglierà in autonomia se votarla nonostante queste riserve oppure se marcare con la non presenza al voto il proprio dissenso su questo passaggio, senza che ciò comporti in nessun modo il venir meno della fiducia politica al Governo.