Di Donatello Baldo – 20 settembre 2017 www.ildolomiti.it
Intervista all’ex governatore: “C’è bisogno di un grande progetto sociale e politico. Le formazioni politiche, le coalizioni, tirino fuori qualche idea, magari innovativa”. Sulle prossime scadenze elettorali: “Si discuta dei temi che riguardano il futuro dell’Autonomia”
TRENTO. Lorenzo Dellai non si meraviglia della scarsa partecipazione al dibattito sulla riforma dello Statuto di Autonomia. “Il momento in generale è difficile per la partecipazione e per il dibattito politico. Ma è anche vero che la gente, quando è stimolata e coinvolta su questioni importanti, anche in questa fase, dimostra interesse”.
Dellai è ottimista, vede il bicchiere mezzo pieno. E soprattutto non fa polemica: “Lo premetto fin da subito, da parte mia nessuna polemica, perché ogni volta che apro bocca sembra che si scateni il finimondo”. Il presidente di Democrazia Solidale, l’ex governatore, cerca lo sguardo lungo, parte dal contingente per spaziare lontano.
Presidente, c’erano solo dodici persone al seminario sulla Riforma dello Statuto.
Le circostanze hanno portato la riforma su un binario che potremmo definire morto. Sappiamo bene che questo percorso è stato avviato in previsione della riforma costituzionale che prevedeva la possibilità di un’intesa per la modifica dello statuto della Regione. In quel momento ci fu un’accelerazione.
Poi arrivò il risultato del referendum del 4 ottobre.
Il 4 dicembre non ha confermato la riforma istituzionale e da quel momento lì in poi è stato evidente che il processo sarebbe andato su quel binario che dicevamo. Quindi nessuna meraviglia che l’opinione pubblica abbia guardato con distacco il seguito dei lavori per la riforma del nostro Statuto, e hanno fatto lo stesso anche le forze politiche.
E’ tutto finito quindi?
No, non credo, perché l’ipotesi iniziale era quella di una prima fase di riforma statutaria che dovesse mettere al sicuro i rapporti con Roma e utilizzare questa finestra di intesa per poi aprire una seconda fase che riguardasse gli aspetti interni, quelli più importanti per la discussione pubblica
Ma il quadro è cambiato. Non ci sarà nessuna riforma istituzionale e questa finestra si è chiusa.
Ma questo non significa che la questione debba essere archiviata. A questo punto bisogna immaginare una sorta di ripartenza del processo statutario tenendo conto del quadro nuovo. Bisognerebbe ripartire in modo anzi ancor più ambizioso.
Si spieghi meglio.
Ho sempre pensato che la riforma dello Statuto, soprattutto se viene impostata in modo ambizioso addirittura come redazione di un Terzo Statuto, non possa partire dal solo dato giuridico: l’elemento giuridico deve per forza venire dopo e seguire l’elemento progettuale. Prima della traduzione in norme e articoli servono le idee. L’idea di società, l’idea di comunità.
Spesso avviene così, le costituzioni arrivano dopo un processo sociale.
I padri costituenti avevano alle spalle una lunga fase di discussione ideale, sociale. E’ normale e logico che prima si parta da una discussione attorno alle grandi idee sulle quali costruire una comunità.
La Consulta ci ha provato ad abbozzare qualche discussione. Anche la convenzione a Bolzano, ma non è andata bene.
Mi sembra che a Bolzano la discussione sia stata riferita solo alle questioni dei rapporti con Trento, ma anche di questo nessuna meraviglia perché c’era il quadro di modifiche costituzionali, quello era l’orizzonte.
Quindi, ora, che si fa?
La cosa più utile è prendere atto di questa situazione senza drammatizzare, senza cercare colpe. Come ho detto non voglio fare polemiche. La Consulta ha fatto il suo percorso ma oggi non abbiamo l’impellenza di concludere in fretta per portare in Parlamento una proposta di riforma dello Statuto. Dobbiamo fare tesoro della discussione di questi mesi e immaginare una ripartenza che affronti la questione partendo non dalla coda ma dalla testa. Partendo dalle domande.
Quali?
Che idee abbiamo noi della nostra Autonomia, che idee dei rapporti tra Trento e Bolzano in una fase nuova anche a livello geopolitico? Ma ancora: che risposte dare alle nuove sfide? Il mondo sta cambiando, a livello sociale, tecnologico, a livello della stessa composizione culturale delle nostre comunità. Le forze politiche che a breve andranno al voto per il rinnovo delle istituzioni di cos’altro dovrebbero parlare se non di questo?
Parleranno del ‘problema’ immigrazione, come già succede.
Anche questo è un tema importante. Il tema dell’identità, di come un’identità territoriale si misuri con i grandi processi di cambiamento anche sul piano demografico e delle migrazioni, un tema importante legato all’idea di socialità.
Diceva delle elezioni, dell’opportunità di affrontare questi temi da parte delle forze politiche.
Secondo me sarà fondamentale rilanciare il dibattito sullo Statuto e allacciarlo alla discussione in vista delle prossime elezioni. Bisogna capire che questo è un grande tema politico. Io sono convinto che la prossima legislatura provinciale, sia a Trento che a Bolzano, avrà sopratutto il compito di impostare e far crescere questo dibattito sullo Statuto.
Ma la politica, i partiti, saranno all’altezza di questo compito?
Spero di sì, perché è proprio attorno alla costruzione di un pensiero nuovo sull’Autonomia, a partire dall’idea di un nuovo Statuto che le forze politiche trentine possono ri-legittimarsi, ricostruirsi, riaccendere la passione dei cittadini e favorire su questi temi la partecipazione.
Sarebbe bello.
Sarebbe una grande opportunità, certamente diversa dal tentativo di alcuni partiti che credono di riuscire a ricostruire un rapporto con i cittadini attraverso elementi di riorganizzazione interna, attraverso una campagna acquisti per intenderci. Io penso che solo attraverso l’obiettivo della costruzione di un nuovo processo statutario i partiti e i movimenti politici potranno ricongiungersi con la comunità.
C’è bisogno di pensiero, diceva. C’è bisogno di sguardo lungo. Ma c’è bisogno anche di guardare fuori, altrove per confrontarsi. Non crede?
Potremmo chiamare a raccolta pensatori da tutta Europa per capire assieme come un territorio come il nostro possa costruire spirito di comunità, per evitare neo-nazionalismi, micro-nazionalismi, chiusure, immaginando un territorio di spirito europeo. Potremmo così promuovere un grande processo di coinvolgimento dell’opinione pubblica.
È ottimista presidente.
Certo, perché dobbiamo guardare al bicchiere mezzo pieno. Il naufragio del processo di riforma dello Statuto ci obbliga all’azzeramento. Facciamo tesoro e rilanciamo una grande discussione pubblica . Rilanciamo rapporti con Innsbruck, ma anche in un’ottica transfrontaliera e istituzionale con Roma e anche con Vienna. Affrontiamo il tema della Regione, non quella che amministra morta alla fine degli anni 60 ma quella che potrebbe diventare la casa comune delle nostre autonomie.
Ci sarebbe lo spazio anche per parlare di temi riferiti alla società, alla comunità, anche ai diritti?Ci sarebbe spazio per immaginare un’Autonomia che sappia rilanciare la democrazia partecipativa, innovando gli strumenti che sappiano arginare la ‘desertificazione democratica’ dei terrori della montagna. Un’Autonomia che sappia affrontare il tema dei nuovi trentini ma anche dei nuovi diritti di cittadinanza declinati in modo nuovo.
Un progetto ambizioso, come si diceva.
Un grande progetto sociale e politico. Il tempo ce l’abbiamo, non c’è più la necessità di chiudere entro qualche mese. Diamo solidità di pensiero e di condivisione partecipativa e impegniamoci ad affrontare questi temi anche in vista delle elezioni. Le formazioni politiche, le coalizioni, tirino fuori qualche idea, magari innovativa.
Torno a fare la stessa domanda, ma la politica, i partiti locali, saranno all’altezza?
Questa è l’occasione per dimostrarlo. E’ possibile che si vada alle elezioni trascinandosi stancamente sulla polemica quotidiana. Oppure la politica, i partiti e le coalizioni ma anche il mondo sociale, culturale ed economico, possono sfruttare l’occasione per uno scatto di qualità. Per uno scatto di orgoglio.
Dellai è ottimista, vede il bicchiere mezzo pieno. E soprattutto non fa polemica: “Lo premetto fin da subito, da parte mia nessuna polemica, perché ogni volta che apro bocca sembra che si scateni il finimondo”. Il presidente di Democrazia Solidale, l’ex governatore, cerca lo sguardo lungo, parte dal contingente per spaziare lontano.
Presidente, c’erano solo dodici persone al seminario sulla Riforma dello Statuto.
Le circostanze hanno portato la riforma su un binario che potremmo definire morto. Sappiamo bene che questo percorso è stato avviato in previsione della riforma costituzionale che prevedeva la possibilità di un’intesa per la modifica dello statuto della Regione. In quel momento ci fu un’accelerazione.
Poi arrivò il risultato del referendum del 4 ottobre.
Il 4 dicembre non ha confermato la riforma istituzionale e da quel momento lì in poi è stato evidente che il processo sarebbe andato su quel binario che dicevamo. Quindi nessuna meraviglia che l’opinione pubblica abbia guardato con distacco il seguito dei lavori per la riforma del nostro Statuto, e hanno fatto lo stesso anche le forze politiche.
E’ tutto finito quindi?
No, non credo, perché l’ipotesi iniziale era quella di una prima fase di riforma statutaria che dovesse mettere al sicuro i rapporti con Roma e utilizzare questa finestra di intesa per poi aprire una seconda fase che riguardasse gli aspetti interni, quelli più importanti per la discussione pubblica
Ma il quadro è cambiato. Non ci sarà nessuna riforma istituzionale e questa finestra si è chiusa.
Ma questo non significa che la questione debba essere archiviata. A questo punto bisogna immaginare una sorta di ripartenza del processo statutario tenendo conto del quadro nuovo. Bisognerebbe ripartire in modo anzi ancor più ambizioso.
Si spieghi meglio.
Ho sempre pensato che la riforma dello Statuto, soprattutto se viene impostata in modo ambizioso addirittura come redazione di un Terzo Statuto, non possa partire dal solo dato giuridico: l’elemento giuridico deve per forza venire dopo e seguire l’elemento progettuale. Prima della traduzione in norme e articoli servono le idee. L’idea di società, l’idea di comunità.
Spesso avviene così, le costituzioni arrivano dopo un processo sociale.
I padri costituenti avevano alle spalle una lunga fase di discussione ideale, sociale. E’ normale e logico che prima si parta da una discussione attorno alle grandi idee sulle quali costruire una comunità.
La Consulta ci ha provato ad abbozzare qualche discussione. Anche la convenzione a Bolzano, ma non è andata bene.
Mi sembra che a Bolzano la discussione sia stata riferita solo alle questioni dei rapporti con Trento, ma anche di questo nessuna meraviglia perché c’era il quadro di modifiche costituzionali, quello era l’orizzonte.
Quindi, ora, che si fa?
La cosa più utile è prendere atto di questa situazione senza drammatizzare, senza cercare colpe. Come ho detto non voglio fare polemiche. La Consulta ha fatto il suo percorso ma oggi non abbiamo l’impellenza di concludere in fretta per portare in Parlamento una proposta di riforma dello Statuto. Dobbiamo fare tesoro della discussione di questi mesi e immaginare una ripartenza che affronti la questione partendo non dalla coda ma dalla testa. Partendo dalle domande.
Quali?
Che idee abbiamo noi della nostra Autonomia, che idee dei rapporti tra Trento e Bolzano in una fase nuova anche a livello geopolitico? Ma ancora: che risposte dare alle nuove sfide? Il mondo sta cambiando, a livello sociale, tecnologico, a livello della stessa composizione culturale delle nostre comunità. Le forze politiche che a breve andranno al voto per il rinnovo delle istituzioni di cos’altro dovrebbero parlare se non di questo?
Parleranno del ‘problema’ immigrazione, come già succede.
Anche questo è un tema importante. Il tema dell’identità, di come un’identità territoriale si misuri con i grandi processi di cambiamento anche sul piano demografico e delle migrazioni, un tema importante legato all’idea di socialità.
Diceva delle elezioni, dell’opportunità di affrontare questi temi da parte delle forze politiche.
Secondo me sarà fondamentale rilanciare il dibattito sullo Statuto e allacciarlo alla discussione in vista delle prossime elezioni. Bisogna capire che questo è un grande tema politico. Io sono convinto che la prossima legislatura provinciale, sia a Trento che a Bolzano, avrà sopratutto il compito di impostare e far crescere questo dibattito sullo Statuto.
Ma la politica, i partiti, saranno all’altezza di questo compito?
Spero di sì, perché è proprio attorno alla costruzione di un pensiero nuovo sull’Autonomia, a partire dall’idea di un nuovo Statuto che le forze politiche trentine possono ri-legittimarsi, ricostruirsi, riaccendere la passione dei cittadini e favorire su questi temi la partecipazione.
Sarebbe bello.
Sarebbe una grande opportunità, certamente diversa dal tentativo di alcuni partiti che credono di riuscire a ricostruire un rapporto con i cittadini attraverso elementi di riorganizzazione interna, attraverso una campagna acquisti per intenderci. Io penso che solo attraverso l’obiettivo della costruzione di un nuovo processo statutario i partiti e i movimenti politici potranno ricongiungersi con la comunità.
C’è bisogno di pensiero, diceva. C’è bisogno di sguardo lungo. Ma c’è bisogno anche di guardare fuori, altrove per confrontarsi. Non crede?
Potremmo chiamare a raccolta pensatori da tutta Europa per capire assieme come un territorio come il nostro possa costruire spirito di comunità, per evitare neo-nazionalismi, micro-nazionalismi, chiusure, immaginando un territorio di spirito europeo. Potremmo così promuovere un grande processo di coinvolgimento dell’opinione pubblica.
È ottimista presidente.
Certo, perché dobbiamo guardare al bicchiere mezzo pieno. Il naufragio del processo di riforma dello Statuto ci obbliga all’azzeramento. Facciamo tesoro e rilanciamo una grande discussione pubblica . Rilanciamo rapporti con Innsbruck, ma anche in un’ottica transfrontaliera e istituzionale con Roma e anche con Vienna. Affrontiamo il tema della Regione, non quella che amministra morta alla fine degli anni 60 ma quella che potrebbe diventare la casa comune delle nostre autonomie.
Ci sarebbe lo spazio anche per parlare di temi riferiti alla società, alla comunità, anche ai diritti?Ci sarebbe spazio per immaginare un’Autonomia che sappia rilanciare la democrazia partecipativa, innovando gli strumenti che sappiano arginare la ‘desertificazione democratica’ dei terrori della montagna. Un’Autonomia che sappia affrontare il tema dei nuovi trentini ma anche dei nuovi diritti di cittadinanza declinati in modo nuovo.
Un progetto ambizioso, come si diceva.
Un grande progetto sociale e politico. Il tempo ce l’abbiamo, non c’è più la necessità di chiudere entro qualche mese. Diamo solidità di pensiero e di condivisione partecipativa e impegniamoci ad affrontare questi temi anche in vista delle elezioni. Le formazioni politiche, le coalizioni, tirino fuori qualche idea, magari innovativa.
Torno a fare la stessa domanda, ma la politica, i partiti locali, saranno all’altezza?
Questa è l’occasione per dimostrarlo. E’ possibile che si vada alle elezioni trascinandosi stancamente sulla polemica quotidiana. Oppure la politica, i partiti e le coalizioni ma anche il mondo sociale, culturale ed economico, possono sfruttare l’occasione per uno scatto di qualità. Per uno scatto di orgoglio.