Signora Presidente,
Signor Ministro,
grazie per l’informativa.
Parliamo di fenomeni di rilievo straordinario, che fanno parte della storia dell’umanità, ma avvengono oggi con tempi, modalità e impatti del tutto inediti.
Nessuno è immune da forti preoccupazioni, siano esse di natura etico-umanitaria oppure di natura sociale e politica.
Noi abbiamo tre convinzioni.
La prima convinzione. Siamo orgogliosi, come parlamentari, di servire un Paese che da sempre – ma in modo particolare da Mare Nostrum in poi – si impegna con responsabilità e generosità a salvare migliaia di vite umane nel Mediterraneo.
La nostra ispirazione cristiana, ma anche la nostra stessa Costituzione Repubblicana ci obbliga a considerare prioritaria questa scelta di civiltà rispetto ad ogni altra pur legittima preoccupazione.
Lasciamo ad altri, in questo senso, taroccare la bilancia della propria coscienza con i pesi aggiuntivi ma effimeri della contabilità del consenso immediato.
La seconda convinzione. Siamo solidali fino in fondo con il Governo quando cerca di mettere gli altri Paesi Europei – fino ad oggi scandalosamente sordi – di fronte alle proprie responsabilità.
Pensiamo sia inutile far trapelare minacce improbabili, come quella di chiudere i nostri porti.
Riteniamo sbagliato e ingiusto prendersela con le ONG, al netto di eventuali singoli comportamenti scorretti.
Consideriamo giustissimo chiedere la modifica dei codici operativi di Frontex ed in prospettiva l’adeguamento dell’intero apparato giuridico ed organizzativo europeo, palese mente non più all’altezza della quantità e della qualità dei processi migratori.
La terza convinzione. E’ essenziale intensificare subito le iniziative nazionali e comunitarie nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo e dell’Africa.
Senza una politica di cooperazione allo sviluppo mirata, costante, consistente, di lungo periodo, che parta dal contrasto all’economia criminale del traffico di migranti e rafforzi le opportunità di crescita e di lavoro per i giovani africani, l’Europa non riuscirà a governare questa situazione.
Occorre occuparsi di questo con una logica di futuro e non solo di emergenza. Perché in grande parte, l’emergenza di oggi è frutto della mancanza di lungimiranti strategie del recente passato.
Signora Presidente,
Signor Ministro,
dobbiamo essere consapevoli che la geografia non è elemento eludibile, neppure nella stagione delle reti virtuali che tendono ad annullare le categorie di tempo e di spazio.
E’ evidente che l’Italia sarà sempre in prima linea di fronte al sommovimento sociale e demografico del continente africano.
Dobbiamo trasformare questo banale dato di fatto in una grande e condivisa questione nazionale.
E – prima ancora che, giustamente, agli altri Paesi europei – fare appello alla società civile, alle comunità locali, alle organizzazioni del Terzo Settore, alla rete delle imprese, alle famiglie italiane.
Solo uno sforzo corale di ordinata accoglienza e di regolata, sicura e diffusa integrazione potrà evitare il peggio.
Un appello connotato da serietà, verità e umiltà e sostenuto da credibilità organizzativa e da efficienza operativa da parte dei pubblici poteri.
L’Italia ha le risorse morali e civili che servono. Lo dimostrano tante esperienze magari poco gettonate; lo dice la pratica dei corridoi umanitari; lo documentano le tante persone già oggi consapevoli e disponibili.
Ma la politica deve dare in buon esempio, rinunciando alla strumentalità a fini di bottega e assumendosi le proprie responsabilità.
Così non è, purtroppo. E ciò accresce lo spaesamento e il senso di paura di molti cittadini.
Questo è un vero banco di prova, non tanto per il Governo e per la maggioranza, quanto per tutto il sistema politico e istituzionale.
Giocando alla guerra politica interna sul tema delle migrazioni, si può anche guadagnare un voto oggi, ma si perde la legittimazione sociale domani.
Un domani, peraltro, che è un tutt’uno con l’oggi.
Sarebbe bene rifletterci, tutti, fin che siamo ancora in tempo.