Signora Presidente. Signori del Governo, colleghe e colleghi,
vorrei prima di tutto ringraziare il collega Scotto e il gruppo Sinistra Italiana – SEL per questa iniziativa della mozione, perché, a prescindere da come la si giudichi nel merito, comunque ha avuto il pregio di radicare in quest’Aula un dibattito sulla legge elettorale che era presente, fino ad ora, più nei talk show che nelle istituzioni.
Esprimo anche soddisfazione perché la maggioranza ha saputo produrre un testo unitario di mozione. Noi questo l’avevamo chiesto dal primo giorno, dicendo che non sarebbe stato opportuno esprimere solamente, come maggioranza, un voto di diniego ad altri testi presentati.
Peraltro, noi sappiamo anche dare il giusto peso alle cose e, dunque, non abbiamo bisogno delle osservazioni e delle lezioni di alcuni osservatori per sapere che non è con una mozione che si cambia una legge.
Siamo anche ben coscienti che la mozione dalla maggioranza non indica una soluzione precisa e non pone impegni formali al Governo, circostanza questa, peraltro, ineccepibile sul piano istituzionale se si vuole rivendicare, su questo piano della legge elettorale, una centralità del Parlamento. Aggiungo, peraltro, che il parere favorevole, dato poco fa dal Governo alla mozione della maggioranza, costituisce comunque – io credo – un importante e positivo impegno politico in questo senso.
È’ anche giusto dire che il nostro gruppo aveva proposto ai colleghi della maggioranza, in questi giorni, un documento che indicava non già soluzioni, evidentemente, ma i terreni di una auspicata riflessione nuova sull’Italicum: il rapporto elettore-eletto, l’equilibrio tra rappresentanza e governabilità, la trasparenza nella formazione delle maggioranze.
Perché noi riteniamo sia giusto discutere sull’Italicum, che è stato approvato un anno fa in circostanze – lo voglio ricordare, perché spesso lo dimentichiamo – difficili, direi straordinarie, della nostra vita politica ed istituzionale?
La risposta è che non esiste una legge elettorale perfetta in ogni circostanza, a prescindere cioè da ciò che si muove dentro la società e da ciò che la società produce in termini di rappresentanza politica. Non parlo di mere ragioni di bottega o di paura per possibili vittorie altrui, ma della necessità di corrispondere a ciò per cui le leggi elettorali esistono, cioè per un equilibrato rapporto tra le opinioni e le tensioni dei cittadini e la vita delle istituzioni.
Oggi è mutato radicalmente il quadro della rappresentanza politica del nostro Paese e di questo va tenuto conto.
Vorrei anche aggiungere che la situazione è resa ancora più problematica dalla circostanza che chi ha voluto e ha votato l’Italicum – noi compresi – non ha lavorato in questo tempo in maniera coerente per costruire infrastrutture politiche adeguate alla sfida, del tutto nuova, che quella legge ha posto al nostro Paese.
Abbiamo visto anche la mozione dei colleghi del MoVimento 5 Stelle. Io personalmente appartengo a una tradizione politica fortemente proporzionalista, come molti altri colleghi del nostro gruppo, ma vorrei ricordare che la storia, in particolare la storia della Democrazia Cristiana, insegna che il sistema proporzionale ha retto nell’interesse del Paese perché era la politica con la sua intrinseca capacità di reale rappresentanza che garantiva il valore, altrettanto essenziale, della governabilità.
Valore da non confondere, peraltro, sic et simpliciter, con la durata e il numero dei singoli Governi che si sono succeduti, ma da cogliere, invece, nel senso di un progetto politico di cambiamento del Paese.
Oggi è così? Noi non crediamo. In questo tempo inquieto e lungo, lunghissimo, di passaggio, il ruolo delle regole istituzionali ed elettorali è certamente un ruolo diverso rispetto al passato. Vorrei anche dire che, vedendo la mozione dei colleghi del MoVimento5 Stelle, viene da pensare che, per contrastare una legge elettorale ritenuta orientata a far governare chi non vince, si voglia, invece, proporre la furba e cinica prospettiva che chi vince possa anche non assumersi fino in fondo il duro e difficile compito di governare.
Noi vogliamo cogliere in senso positivo il segnale costituito dalla mozione della maggioranza e dal parere favorevole ad essa dato dal Governo e lavoreremo perché, se approvata, la Conferenza dei presidenti di gruppo fissi presto tempi e modalità di apertura della fase di discussione tra i vari gruppi parlamentari.
Nel merito, naturalmente anche noi ci faremo carico di proporre le nostre idee e lo faremo nel solco delle riflessioni di Roberto Ruffilli e di altri testimoni di quel cattolicesimo democratico che intuirono, fin dai primi anni Ottanta e spesso in solitudine, la necessità di un raccordo virtuoso tra rappresentanza, autorevolezza e stabilità dei Governi.
Signora Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi,
non ci sfugge che questa nostra disputa sulle regole elettorali può apparire, agli occhi di larga parte dei cittadini, come un astruso vezzo da nomenclatura.
Sappiamo, invece, che l’Italia e l’Europa hanno davanti anni di drammatiche difficoltà e non ce lo dobbiamo nascondere. Il tunnel è ancora lungo e la luce in fondo è ancora molto tenue.
Per queste ragioni noi accompagniamo il voto favorevole sulla mozione della maggioranza con una sorta di appello a non buttare alle ortiche il filo sottile che ancora può legare assieme forze politiche, mondi sociali, esperienze territoriali, persone e culture politiche democratiche antiche e recenti, le quali, anche al di là del passaggio referendario – nel quale noi siamo coerentemente impegnati per il sì ma che non vogliamo trasformare in una discriminante per il futuro – costituiscono l’architrave per un governo non populista e non reazionario nei difficili processi sociali e culturali con i quali dovremo misurarci.