Roma, 27 giugno 2016
grazie, signora Presidente, colleghe e colleghi, signor sottosegretario, già stamattina il collega Tabacci ha espresso l’opinione del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico, e dunque voteremo senz’altro la risoluzione di maggioranza, ma soprattutto quello che ci preme dire è che condividiamo quanto questa mattina il Presidente del Consiglio ha detto a proposito della necessità di un nuovo inizio del processo europeo. E condividiamo anche, debbo dire, l’appello che egli ha rivolto alle culture politiche europeiste, a prescindere dalla loro collocazione nei vari contesti politici nazionali.
Penso si riferisse non tanto alle nomenclature delle famiglie politiche europee, la cui tendenza a balbettare in questi anni ha comportato non pochi problemi al processo europeo. Penso che si riferisse ai valori fondanti delle culture politiche europeiste, quelle che hanno costruito l’Europa, quelle che si sono un poco addormentate e quelle che adesso hanno necessità assoluta di risvegliarsi. Condividiamo quanto è stato detto: occorre rispettare il voto inglese, occorre prenderne atto e occorre girare pagina. Per questa ragione, pensiamo che l’incontro di oggi a Berlino sia un’occasione importante, dal quale ci aspettiamo un segnale forte, che ci auguriamo non sia solamente coincidente con la concessione di qualche miliardo in più di flessibilità per la prossima finanziaria del nostro Paese, cosa pure importante e che noi, naturalmente, rivendichiamo.
Ma noi ci aspettiamo che ci sia un segnale verso un catalogo nuovo del progetto europeista. Serve questo segnale, e serve urgentemente, non fra due anni, come qualcuno ha detto, e serve che sia articolato intorno alle paure e alle preoccupazioni dei cittadini, molti dei quali sono delusi in tutta Europa, come abbiamo visto, dal fatto che l’Europa, che aveva suscitato tante aspettative, non abbia saputo difenderli rispetto ai cambiamenti globali e ai loro effetti sul piano della qualità della vita. Per questo, molti cittadini in tutta Europa si aggrappano di nuovo, ahimè, al vecchio armamentario, alla sovranità nazionale, all’idea protezionistica, al sogno di vecchie grandezze, e non manca il riferimento, come sempre nei momenti difficili della storia, al nemico che sta alle porte e che starebbe per invaderci.
Lo sappiamo bene che è una tragica illusione aggrapparsi a questi vecchi armamentari, e lo sanno anche i politici che in tutta Europa, anche in Italia, cavalcano la tigre. Lo sanno che è un imbroglio, che si fonda su una babele concettuale. Si invoca, da una parte, più sovranità nazionale, come dicevo, e assieme, però, si proclama che l’Europa dovrebbe essere più incisiva nelle materie economiche, nel lavoro, nella sicurezza, nella difesa, nella lotta alla povertà, nella gestione dei flussi immigratori. È un’evidente contraddizione in termini.
Così come noi riteniamo che sia un non senso sul piano giuridico, ma prima di tutto ancora sul piano logico e sostanziale, dire che un Paese come l’Italia possa essere dentro l’Unione europea, ma fuori dall’euro. Noi riteniamo, dunque, signora Presidente, colleghe e colleghi, che serva un segnale forte e immediato; riteniamo che serva un segnale, prima di tutto, sul piano del coraggio della politica. Si è parlato molto di democrazia, si è decantato il referendum inglese come esempio di democrazia, la parola al popolo. Per carità, certamente, quando il popolo viene chiamato a votare e si esprime, l’esito di quel voto va assolutamente rispettato, ma noi sappiamo che la democrazia è anche qualcosa di più. Sappiamo che la democrazia è qualcosa di molto più esigente. Sabato scorso, a Trento, abbiamo celebrato, attraverso un libro, un grande politico del nostro Paese, Beniamino Andreatta, che aveva dato, da questo punto di vista, un segnale importantissimo, una testimonianza importante su cosa voglia dire la politica, su cosa voglia dire la moralità della politica, che non è solo non rubare, è anche avere piena coscienza che la politica è anche responsabilità verso il popolo, è guidare il proprio popolo, possibilmente non, come sta accadendo oggi in Inghilterra e in altri Paesi europei, verso il baratro. Sappiamo che la democrazia e la buona politica non sono solo, anzi non sono affatto una cinica contabilità degli umori. E sappiamo, però, che, insieme a questo recupero di un progetto altamente politico sull’Europa, servono – appunto, come dicevo prima e concludo – anche segnali importanti, segnali concreti, segnali da dare subito.
Per questo, noi auspichiamo che l’incontro di oggi pomeriggio a Berlino sia una prima tappa su questa strada. Lo ha detto stamattina – lo abbiamo apprezzato – il Presidente del Consiglio Matteo Renzi; lo hanno detto molti osservatori; lo ha ribadito il Presidente Prodi in più di una dichiarazione, anche oggi: questo non è il tempo dell’attesa, non è il tempo del trascinamento in attesa di eventi che forse verranno. Questo atteggiamento sarebbe un rischio mortale per l’Europa. Per queste ragioni votiamo la mozione della maggioranza, ma, soprattutto, al di là di questa che può essere anche una ritualità doverosa per un gruppo che sostiene il Governo, per questa ragione dicevo, siamo convinti che, da parte del Governo italiano e del Parlamento, debba venire, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, una iniziativa politica molto forte, molto lungimirante, capace di diradare un pochino le nebbie che sul sentiero europeista, in questi anni e in questi giorni, si sono presentate.