Il futuro del Trentino deve passare dal recupero di un rapporto con le periferie. Oggi la politica fatica a capire i segni dei tempi. Forse pensa che l’urgenza sia ancora il concentrare, verticalizzare, velocizzare. Cerca, la politica, di rincorrere l’aria che tira. Si fondono Comuni, Casse rurali, case di riposo. Tutto bene. Ma qual è il disegno finale di tale processo? Quale modello di istituzioni e dunque di democrazia stiamo perseguendo in Trentino? Il quesito non è banale né formulato per polemiche di breve momento, che non mi interessano. Però di tanto in tanto bisogna fermarsi a riflettere. Si corre o si vorrebbe correre, certo: ma verso dove? Si fondono Comuni e Casse rurali, si vogliono anche accorpare le Case di riposo. Tutto bene. In qualche caso è necessario e fisiologico. Ma qual è il disegno finale? Qual è il modello? Soprattutto, a quali parametri di democrazia e di vita comunitaria ci si ispira? Abbiamo conosciuto dal 2008 in poi una crisi globale di proporzioni enormi. Qualcuno si illude che sia derivata da fenomeni contingenti e passeggeri. Non è così. Lo sappiamo. La crisi — che infatti non è finita — riguardava l’idea di sviluppo e di comunità. Un fatto dunque di dimensione strutturale, che abbraccia le fondamenta culturali e sociali sulle quali si era basata la lunga stagione della nostra crescita dei decenni passati. Non solamente papa Francesco ma anche tanti economisti invitano a riflettere sul fatto che senza un nuovo «umanesimo» la comunità internazionale — certamente quella europea — non ritroverà la via di uno sviluppo integrale, duraturo, inclusivo. Uno sviluppo che attenui e non accresca a dismisura le disuguaglianze e produca felicità piuttosto che solitudini, individualismi, paure e derive distruttive. La ricerca di un nuovo «umanesimo» passa attraverso l’assunzione di un parametro esigente: quello delle periferie. La crisi globale, infatti, ha messo in discussione anche la concezione verticalizzata e centralizzata dello sviluppo; una concezione «disincarnata», vorrei dire, cioè lontana dalla comunità delle persone. Per questo oggi il tema del «ritorno al territorio» dovrebbe essere al centro di ogni riflessione sul futuro. Un territorio che però abbia nome e cognome; che sia «domicilio organico delle persone» come diceva La Pira e non solo arido ambito amministrativo; che sia valorizzato per le sue irripetibili peculiarità e rispettato nelle caratteristiche anche quantitative, poiché non si può essere condannati solo perché non si è «grandi». Questo ultimo punto, peraltro, non può valere per il Trentino rispetto a Roma e non per le nostre piccole comunità rispetto alla Provincia. Il tema è sempre lo stesso: come garantire soluzioni istituzionali che evitino lo spaesamento dei cittadini in questo tempo di grandi trasformazioni; come rassicurare che essi possano vedere nelle istituzioni non già solo freddi apparati che si compongono e si scompongono come un puzzle, ma una dimensione che rappresenta la comunità, la «propria» comunità. Una parte del mondo economico ha capito la lezione ed è alla ricerca di forme anche inedite di «riconciliazione» con comunità, consumatori, ambiente e con i diritti di chi non ha potere. Saranno anche in parte attitudini furbesche da nuovo marketing, a ogni modo alla base c’è una riflessione crescente in tale prospettiva. La mia impressione è che invece la politica fatichi a capire i segni dei tempi e sia rimasta ferma al ciclo di prima. Forse pensa ancora che l’urgenza sia quella di concentrare, verticalizzare, velocizzare. Per certi aspetti è anche così. Ma non può essere tutto. Il rischio è di allontanarsi dalla dimensione dei rapporti corti, delegittima i corpi intermedi, considera il parametro della «dimensione di scala» come valore assoluto che tutto motiva e tutto giustifica. Cerca così, la politica, di rincorrere l’aria che tira: è una sorta di cane che si morde la coda. Un circuito non virtuoso, che porta inesorabilmente allo svuotamento sostanziale della democrazia nella sua valenza comunitaria. Come reagisce il Trentino a simili processi? Quale modello sta perseguendo, alla luce della sua costituzione materiale, dei suoi valori civili e sociali? Quali risposte è in grado di elaborare, valorizzando la sua speciale autonomia, di fronte al rischio di tale declino? Nel merito, mi sembra che il dibattito pubblico sia largamente insufficiente. Ci si limita a parteggiare pro o contro la fusione tra piccoli Comuni, operazione che pare diventata una sorta di mantra. Fondere piccoli Comuni (in certi casi può essere la via giusta, in altri non ha senso compiuto) non produce però necessariamente un assetto democratico e istituzionale più forte, aderente alla comunità, idoneo a rappresentare un’idea policentrica e non centralizzata della nostra autonomia e non è neppure sicuro che in linea generale produca maggiore efficienza e meno costi di gestione. Le Comunità di valle — anziché adeguate dopo il primo difficile rodaggio — sono state rottamate; i Comuni sono stretti tra il bastone e la carota della Provincia; il Consiglio provinciale e i partiti si occupano di altro: esiste qualcuno che liberamente abbia voglia di discutere non tanto sul sì o sul no a uno dei molti referendum, ma sul disegno generale? Quale impressione può derivare dal fatto che il motivo prevalente di molte fusioni tra municipi è che «così il nuovo Comune di Predaia diventa più grande di Cles», per fare un esempio? Quali aspettative di armonia e di coesione di valle (ambito essenziale per il Trentino) può lasciare sorgere un approccio a macchia di leopardo? Abbiamo riflettuto abbastanza sulle conseguenze a regime di una sorta di «aziendalizzazione» dei servizi integrati per gli anziani che si legge in filigrana nelle prime indicazioni pubbliche della riforma? Non voglio suggerire un comodo status quo, né semplici ritorni al passato. So quanto siano stringenti i problemi che gli amministratori attuali devono affrontare. Ma questa materia è come un mosaico e — al di là delle mode del momento — può essere piuttosto rischioso mettere mano ai singoli tasselli senza avere sufficiente e condivisa certezza circa la trama generale e la cornice.