Il progetto Human Technopole che il presidente Renzi ha lanciato a conclusione dell’Expo di Milano è una scelta coraggiosa e lungimirante: prefigura un Paese capace di scommettere su una leadership scientifica e tecnologica, in un ambito veramente decisivo e interdisciplinare come quello della vita. Si sono levate voci contrarie per il metodo seguito da Renzi. Su indicazione del Governo – infatti – il direttore dell’Istituito Italiano di Tecnologia ha operato in un certo modo la scelta dei principali soggetti referenti.
Lo ha fatto basandosi esclusivamente sulla credibilità scientifica internazionale e non su una negoziazione politica o baronale. In un Paese che vede i migliori talenti scappare all’estero anche per la sclerosi autoreferenziale e gerontocratica di molte istituzioni scientifiche, questo modo di operare risulta l’unico in grado di aprire piste veramente nuove. Oltretutto, se questo della credibilità internazionale riconosciuta non fosse stato il metro di giudizio seguito, ben difficilmente la nostra Fem di San Michele sarebbe stata scelta come capofila di uno dei centri previsti. Si tratta di un grande riconoscimento per tutto il Trentino, per il suo sistema della ricerca e per chi ha portato la Fem a questi livelli scientifici, in primis Francesco Salamini, e per tutta la comunità dei ricercatori, che certamente rende ancora più evidente la necessità di mantenere la Fondazione ben salda sulla rotta fin qui faticosamente seguita. Vorrei però introdurre una riflessione più generale. Il progetto presentato a Milano non è avulso da una visione culturale e politica. Infatti, nel presentarne le linee il presidente del consiglio si è richiamato alla “visione di Italia 2040”. L’infrastruttura di ricerca nasce come veicolo per realizzare una visione ambiziosa e precisa: quella di una Italia che punta, entro il 2040, a essere considerato «il Paese leader a livello mondiale per le tecnologie applicate all’uomo, le cosiddette Human Technologies: un nuovo approccio scientifico e tecnologico che ha lo scopo di favorire un invecchiamento in salute e una speranza di vita più lunga nella popolazione. Questo sarà raggiunto con l’integrazione di tecnologie all’avanguardia e ricerca scientifica di alto livello nei settori fondamentali di medicina, Data Science, nanotecnologie sostenibili, nutrizione e Welfare». (citazione dal documento di Milano). Tra le tante possibili interpretazioni del nostro Paese e del suo ruolo nel mondo, il governo ne propone una e su quella scommette in termini di priorità: l’Italia leader mondiale di un nuovo umanesimo integrale, sulla scia, se posso dire, della Laudato Sii di Francesco e sulla base di un mix straordinario di valori etici, ambientali, storici e culturali. La nuova infrastruttura scientifica e tecnologica non è un “polo” a sè stante, ma la possibile chiave di lettura per una nuova narrazione dell’intero sistema della conoscenza, finalizzata a valorizzare in termini culturali ed economici i tratti distintivi della costituzione materiale e del territorio della nazione, in una parola della sua identità. Sono del parere che di fronte a questa indicazione noi trentini abbiamo una doppia opportunità. In primo luogo, favorire la massima sinergia di tutto il nostro sistema dell’alta formazione e della ricerca rispetto alla sfida lanciata dal governo. E poi assieme a “Italia 2040” dobbiamo elaborare e perseguire “Trentino 2040”: quale visione vogliamo proporre a noi stessi, al nostro Paese e al mondo, della nostra piccola terra tra i monti? Quale peculiare e irripetibile apporto possiamo e vogliamo dare noi trentini alla realizzazione di questa ambiziosa visione di Italia leader di un nuovo umanesimo integrale? Anche noi siamo chiamati a scegliere tra le molte possibili interpretazioni della nostra identità. Penso che dovremo farlo a partire dal nostro voler essere terra di montagna che non si rassegna alla omologazione ma non rinuncia alla qualità e alla competitività: noi possiamo essere entro il 2040 il territorio di montagna più socialmente coeso, sostenibile, glocal, competitivo e innovativo del mondo. Vogliamo in ogni caso prepararci a questa sfida globale? Vogliamo provarci? E in che modo? Una risposta collettiva e sincera a queste domande potrà orientare gli sforzi pubblici e privati anche nel campo della conoscenza e al tempo stesso potrà costituire un’ottima e inedita base per rilegittimare sul piano sostanziale la nostra speciale autonomia.