Un congresso straordinario si convoca quando straordinarie sono le difficoltà politiche, organizzative e di clima interno.
Tuttavia, non è solamente il futuro di un partito – il nostro – che ci preoccupa, ci inquieta, ci appare avvolto nella nebbia dell’incertezza.
I partiti hanno una loro propria peculiare vocazione di servizio alla comunità. Senza di essa non sono utili a niente, se non a se stessi e alle proprie elites. Se vengono meno a questa vocazione, sopravvivono per inerzia e piano piano scompaiono.
È dunque la comunità trentina il soggetto vero della nostra preoccupata inquietudine; ad essa corriamo il rischio di far mancare il nostro contributo in una fase difficile e complessa.
Non è dunque un tempo ordinario, questo.  Blindare semplicemente ciò che oggi è rimasto dell’UPT o affidarsi alla sola virtù dell’unità dei vertici,  che pure è un valore, non è una risposta adeguata.
Essa si trova solamente se l’UPT recupera la vocazione originaria, se non disperde il senso del suo progetto, se rafforza la sua funzione di servizio alla comunità.
Ciò richiede pensiero, coraggio, libertà, costanza e apertura.

IL CONTESTO GLOBALE

Viviamo in un contesto sempre più interdipendente. I processi non solo economici, ma anche culturali e sociali attraversano frontiere e barriere di ogni tipo e ci pongono di fronte a sfide impensabili solo fino a pochi anni fa.
Le tendenze globali condizionano anche le forme consolidate della democrazia.
Essa è rimasta fortemente legata alla dimensione degli Stati Nazionali mentre la vita e i poteri reali hanno dimensione globale; nel contempo, sempre più grandi fette di popolazione – in tutta Europa – manifestano sentimenti di lontananza dalla politica e dalle procedure democratiche. Populismo e tecnocrazia sono le due scorciatoie che cercano di recuperare il terreno perduto. Ma si stenta ancora a intravvedere una convincente via di uscita da una profonda crisi della rappresentanza.
Alla base vi sono grandi trasformazioni sociali e antropologiche: la frammentazione della società e l’emergere prepotente del primato dei diritti individuali su quelli collettivi ne sono evidenti segnali. La cultura e la politica sono impreparate a rapportarsi con questi fenomeni: li rincorrono ma non riescono ancora compiutamente a interpretarli e meno che meno a guidarli, portati sempre più spesso a seguire le apparenti sicurezze del populismo e della banalizzazione che non aiutano a capire.

RITROVARE UNA BUSSOLA

Questi scenari richiedono a chi fa politica un surplus di riflessione e una solidità di analisi e di motivazione.
Richiedono sopratutto di ricercare una bussola che orienti e ispiri una azione che diversamente degrada nel pragmatismo esasperato, nella aridità culturale e nella prevalenza degli interessi di breve momento.
Questa bussola, sopratutto per chi ha la nostra base ideale, e’ oggi offerta come dono non solo ecclesiale ma anche civile dal messaggio di Papa Francesco: ripartire dalle periferie. Da tutte le periferie: geografiche, umane, sociali, culturali.
Si vuole indicare così l’esigenza di ritrovare i valori costituivi delle comunità, attorno ai quali far crescere un nuovo umanesimo all’altezza di questo tempo di cambiamenti e di rotture.
Per questo serve ritornare ad una concezione esigente della politica e praticare sincera apertura ai segni dei tempi. La grande crisi globale di questi anni ci sta restituendo un mondo ed una società radicalmente diversi, che richiedono una riconversione culturale e civile.

IL TRENTINO

La nostra piccola comunità autonoma non è immune da questi processi globali, ne’ dal punto di vista economico ne’ da quello culturale e sociale.
La nostra stessa Autonomia ne viene attraversata e trasformata.
Non è solo questione di modifiche costituzionali e istituzionali: è sopratutto questione di trasformazioni strutturali della società e del contesto globale.
I pilastri della nostra Autonomia vengono oggi posti in una luce diversa.
Siamo terra di minoranze minacciate dai nazionalismi; oggi però i processi migratori mescolano lingue, culture, religioni, identità nazionali in ogni punto del pianeta.
Siamo terra di raccordo tra culture nel cuore dell’Europa, un tempo centro del mondo; oggi però l’Europa non è più essa stessa centrale;
Siamo terra di autogoverno e di gestioni collettive; oggi però il vento spinge alla verticalizzazione, agli individualismi, alla fuga dalla partecipazione attiva e responsabile.
Siamo terra di forte identità in simbiosi col territorio; oggi però i flussi sempre più forti travolgono confini e barriere di ogni tipo.

ESSERE LABORATORIO PER EVITARE LA BANALIZZAZIONE

In un tempo come questo, non basta difendere le regole giuridiche, anche se va fatto con determinazione, a cominciare con la revisione dello Statuto. Occorre reinterpretare la costituzione materiale della nostra comunità autonoma, cercando nuovi significati per i pilastri fondativi e nuovi linguaggi per rappresentarli.
Per questo, se non vuole essere protagonista della propria banalizzazione, l’Autonomia e’ costretta ad essere laboratorio aperto e innovativo prima di tutto su alcune questioni cruciali riguardanti:
– la democrazia locale e la cultura dell’autogoverno e della cooperazione in un territorio a matrice non metropolitana, capace di evitare le nuove forme della marginalizzazione e di garantire al proprio interno un vero assetto policentrico e opportunità diffuse; per questo va ripensata la modalità di erogazione dei servizi pubblici e privati e va riproposta la filosofia che puntava a valorizzare la personalità istituzionale delle valli e dei poli urbani in una logica di rete e di autonomia responsabile diffusa;
– un modello di accoglienza e integrazione positiva degli stranieri – oltre le emergenze di questi mesi – a fronte di un processo migratorio destinato a diventare strutturale a seguito degli squilibri demografici ed economici tra Europa e Paesi a Sud del Mediterraneo;
– la cultura dei beni comuni e del dono in una società globale prigioniera della morsa individualista e della deresponsabilizzazione;
– la condivisione con le nuove generazioni dei valori della comunità e dei nuovi paradigmi della cittadinanza, sempre meno legata alla appartenenza tradizionale;
– uno sviluppo locale “a trazione integrale” fondato su valori di comunità; ambiente e biodiversità; conoscenza e ricerca; dignità del lavoro dipendente e autonomo; ruolo attivo dei nuovi corpi intermedi; welfare di nuova concezione orientato alla inclusione e al superamento della disuguaglianza delle opportunità; governance innovativa delle grandi infrastrutture e delle reti che interessano il corridoio del Brennero;

LA POLITICA

È un cammino difficile, una prospettiva esigente: ma non ci sono alternative più comode.
Serve chiamare a raccolta tutte le energie più vive della comunità, assieme alle competenze e alle intelligenze migliori, interessate a venire in Trentino da ogni dove per partecipare alla costruzione di un piccolo ma importante “caso” di via “glocal” di uscita dalla crisi.
Ma serve prima di tutto che la politica dimostri di volere e di saper guidare questo processo.
È un banco di prova estremo per i partiti ma sopratutto per la coalizione che ha ricevuto il mandato di governare.
Non basta “non litigare”, anche se ciò comunque non guasterebbe.
Occorre che la coalizione sia percepita come una infrastruttura politica aperta al contributo di tutti e capace di una visione di lungo periodo che dia senso, coerenza, anima e spessore alle scelte legislative e amministrative: una coalizione “comunitaria”.

IL NOSTRO COMPITO

Ognuno deve assicurare il proprio contributo a questa prospettiva.
Per quanto ci riguarda, abbiamo il dovere di essere all’altezza del compito.
Abbiamo alle nostre spalle una tradizione politica che diventa per noi esigente responsabilità.
Su questa tradizione si sono innestate da metà degli anni novanta la Margherita Trentina e poi l’UPT, che hanno saputo coinvolgere forze e sensibilità anche diverse attorno ad un progetto condiviso con gli alleati politici e con gli alleati sociali. In questo senso, siamo sempre stati nella sostanza un cantiere civico democratico.
Pur nel rispetto dei nuovi assetti derivati dalle evoluzioni politiche ed elettorali, il nostro compito non cambia: assicurare l’apporto della nostra sensibilità ma sopratutto concorrere a mantenere alto il profilo politico e progettuale della coalizione.
Oggi questo compito si esplicita in modo particolare in tre obiettivi.
Primo: assicurare il baricentro politico della coalizione rafforzando l’asse del centro sinistra. Un centro sinistra plurale, responsabile, aperto, autonomista, alleato con il PATT, del quale rispetta la scelta di non voler attribuire alla coalizione un valore politico strategico.
Secondo: marcare la natura “territoriale” del centro sinistra trentino; una natura cioè ne’ solo locale – posto che quello attuale e’ tempo di interdipendenze – ne’ solo nazionale – posto che la peculiare architettura istituzionale della nostra Autonomia richiede anche una peculiare architettura della politica.
Terzo: elaborare forme innovative di organizzazione della politica, capaci di recuperare il valore della rappresentanza ricostruendo un rapporto partecipativo con cittadini, vecchi e nuovi corpi intermedi, rete delle micro autonomie.

LA FORMA PARTITO

Il nostro partito e’ chiamato pertanto a ripensare se stesso in ragione di questi scenari.
Nessuno può oggi sapere con esattezza quale sarà l’approdo definitivo della lunga e travagliata transizione del sistema politico e dei suoi rapporti con la società.
La nostra storia però ci impone di non attendere gli eventi, ma di cercare di essere produttori, non consumatori, di politica.
Dobbiamo dunque immaginare una forma partito in evoluzione, a matrice “federale” nel senso cioè di saper mettere assieme ( e non dividere ) tutte le opportunità di militanza e di partecipazione politica: rete di presenza organizzata nel territorio; media civici; ambiti di coinvolgimento di componenti sociali e di portatori di interessi collettivi.
Un partito non esiste senza un pensiero. Dunque occorre che siano attivate modalità costanti di formazione e occasioni strutturate di riflessione.
Il finanziamento delle attività non potrà essere assicurato solo dal contributo degli eletti nelle cariche istituzionali. Occorre puntare su forme innovative e trasparenti di contributo, a partire dalle possibilità offerte dalla normativa sul 2 per mille.

RAPPORTO CON LA POLITICA NAZIONALE

Dal punto di vista istituzionale, l’UPT deve rafforzare la collaborazione con le altre forze politiche regionali per garantire un forte presidio parlamentare sulle questioni della difesa e della promozione della nostra Autonomia.
In particolare va seguita con attenzione la fase di “revisione” dello Statuto a seguito della modifica costituzionale in corso.
Obiettivo prioritario deve essere utilizzare la prevista prerogativa dell’intesa – contenuta nel testo delle modifiche costituzionali apportate – per la approvazione ancora in questa legislatura nazionale di un significativo pacchetto di modifiche statutarie.
Definita in gran parte la partita finanziaria attraverso gli Accordi del 2009 e 2014, occorre ora definire e formalizzare da parte del Governo numerose e significative Norme di Attuazione sopratutto nel campo delle nuove deleghe di funzioni ( giustizia e agenzie fiscali  in primis ).
Dal punto di vista politico, l’UPT si rapporterà con il livello nazionale sulla base della sua cultura democratica e popolare: perciò si colloca naturalmente nel campo del centro sinistra e ricerca rapporti di tipo confederativo con movimenti e soggetti politici e parlamentari che dichiarino coerentemente il proprio riferimento a questa cultura.
L’UPT non è interessata a confluire nella attuale struttura del PD ne’ a partecipare a raggruppamenti variamente definiti “Moderati per Renzi” che siano equivoci sotto il profilo della identità e che si configurino come semplici ed interessati riposizionamenti di ceto politico.
È invece interessata a condividere con altre realtà nazionali e locali un percorso comune che sia chiaramente identificabile nel solco del cattolicesimo democratico e del popolarismo e trasparentemente collocato nel campo del centro sinistra, in una alleanza con il PD le cui modalità saranno definite in base alle regole elettorali vigenti al momento del voto.
L’UPT e’ in ogni caso disponibile – ove se ne ravvisino le condizioni – a partecipare alla costruzione di infrastrutture politiche nuove, che consentano pluralismo culturale, sinergia programmatica, innovazione nelle forme della rappresentanza.

IL SENSO DI UNA DISPONIBILITÀ

La eccezionalità della situazione nella quale il Congresso e’ stato convocato, si riflette anche nella natura della mia disponibilità alla candidatura.
Essa è una disponibilità assolutamente di servizio, nella logica del rilancio del partito e del contributo alla coalizione e alla comunità trentina.
Queste tesi sono una prima base di ragionamento e di proposta, che saranno in ogni caso integrate e verificate nel corso della fase congressuale.