Signora Presidente,
Signora Ministro,
Colleghe e Colleghi,la conclusione di questa lunga vicenda ha assunto qualche fattezza di paradosso.
Chi, nell’opposizione, ha concorso in modo determinante a fissare i principi chiave della legge (nel primo testo passato alla Camera come in quello votato dal Senato) ora ne denuncia il carattere eversivo, evocando il rischio di una dittatura.
Chi invece, come noi, aveva proposto fin dal primo momento un sistema diverso – e si è sentito dire che non era possibile perché ” Forza Italia ” non voleva e il Patto del Nazareno andava rispettato – ora e’ qui a esprimere un voto positivo.
Questo profumo di paradosso si spiega, per quanto ci riguarda, con le ragioni ben riassunte dal collega Gigli in Commissione e dai colleghi Tabacci, Capelli e Marazziti in aula, nel corso delle dichiarazioni di voto sulla fiducia.
Noi non intendiamo partecipare a strategie che non ci sono chiare ne’ avere ruolo alcuno in regolamenti di conti politici che non ci riguardano.
La sensazione che il merito della legge abbia solo marginalmente a che vedere con l’iniziativa di chi ad essa si oppone è infatti piuttosto marcata.
Evidente è il portato di rancore da aspettativa tradita di chi, al Nazareno, aveva sottoscritto un Patto che evidentemente riteneva foriero di ben altre congetture, e non certo sulla materia elettorale.
Evidente è inoltre lo sconcerto di chi – per dirla con Aristofane ne Le Rane – aveva introdotto in città un leone, pensando di trarne beneficio ma anche di poterlo controllare ed ora si lamenta perché il leone si comporta da leone.
In ogni caso, non c’è un solo punto che possa rappresentare una possibile convergenza “in positivo” da parte dell’articolato schieramento di chi, adesso, si oppone a questa legge.
Presidenzialisti spinti e parlamentaristi irriducibili: uniti nell’obbiettivo di fermare questa legge ma radicalmente divisi su tutto il resto. Il che rafforza il plausibile il sospetto che l’alternativa all’Italicum – in questa fase politica – non sarebbe una legge migliore, ma il naufragio di ogni processo di riforma.
Tuttavia, si sono espresse in questi giorni alcune voci autorevoli, apprezzate e sincere, anche nella maggioranza, le quali hanno annunciato un sofferto voto negativo alla luce di preoccupazioni profonde e – per molti versi, in se’ – più che condivisibili, che riguardano la qualità della nostra democrazia.
Il punto, a nostro avviso, è che queste condivisibili preoccupazioni rinviano ad un terreno molto diverso da quello delle pure regole elettorali.
Questa legge è figlia di un processo culturale e politico che viene da lontano: punta a semplificare il quadro della rappresentanza politica e a rafforzare gli esecutivi.
Sono obiettivi ormai largamente condivisi da opinioni pubbliche sempre più inquiete di fronte ai mutamenti radicali di questo tempo e alla velocità del loro manifestarsi: corrispondono dunque ad esigenze reali della comunità ma insieme pongono, appunto, nuove e fondate domande, come sempre e’ accaduto nel divenire delle forme della democrazia.
Domande rispetto alle quali la politica non può scaricare la sua propria responsabilità sui vari modelli elettorali, ne’ attribuendo ad essi poteri salvifici ne’ ritenendoli – come abbiamo sentito in questo dibattito – strumenti per regimi non democratici.
Noi riteniamo che la semplificazione del quadro della rappresentanza politica non debba portare alla omologazione delle differenze e alla archiviazione delle culture politiche. Riteniamo che accanto alla leadership servano partecipazione e condivisione. Per noi resta ancora valida la necessità di ricomporre la filiera che lega in modo virtuoso potere, consenso e responsabilità, secondo principi di bene comune e non solo di interessi di parte coalizzati. Non ci rassegnamo ad una deriva che induce i cittadini a vivere la democrazia come tifoseria standosene nel salotto di casa.
Riteniamo che la Nazione sia di tutti e la politica sia di parte: per questo riteniamo che Partito della Nazione sia un ossimoro.
Per noi la fine delle ideologie non travolge, ma anzi esalta la politica come visione, idealità, giusta attenzione all’agire non separata però dalla ricerca di un ” senso delle cose “.
Come si può evitare che questa idea di democrazia non configga con l’inesorabile processo di semplificazione della rappresentanza?
La sfida del premio di maggioranza alla lista richiede una nuova “forma partito”, oltre i rischi delle pure convergenze di interesse solo elettorale ma anche oltre quelli di accasamenti opportunistici e di derive omologanti. E richiede che il metodo democratico sia garantito dalla legge e dalle regole interne.
Serve un grande cantiere democratico e riformista, capace di valorizzare in un coerente disegno di governo le diverse storiche culture politiche ( non riducibili peraltro a micro nomenclature autoreferenziali ); le nuove sensibilità post ideologiche; le molte esperienze territoriali che riempiono il vuoto lasciato da partiti sempre meno radicati; le straordinarie realtà della società nelle quali si va elaborando una nuova idea di corpi intermedi ( ambito per noi non sostituibile da un mero rapporto diretto tra potere e singolo individuo ).
Nuove regole elettorali senza nuove infrastrutture politiche sarebbero come motori senza benzina. Se ne avvertirebbe solo il peso ma non la forza di movimento.
Noi accogliamo perciò la sfida della nuova legge e la traduciamo nel nostro impegno per una “coalizione comunitaria”, capace di riconnettere, attorno ad una prospettiva di democrazia, di dinamismo e di solidarietà, una larga parte di cittadini e le molte realtà sociali e civili oggi costrette a reggere il peso della tenuta del tessuto sociale in una difficile solitudine.
Connessa con la spinta alla semplificazione della rappresentanza, come dicevo, vi è quella che punta a rafforzare il ruolo degli esecutivi. La legge va in questa direzione e corrisponde ad una esigenza reale delle nostre società. Anche in questo caso, il valore della qualità della democrazia non si tutela opponendosi per principio a questa tendenza, ma ricercando nuovi equilibri e nuovi meccanismi di garanzia. Il tema, infatti, non è impedire la forza del governo ma lavorare perché, nei propri ambiti, la politica e il Parlamento abbiano pari forza.
Per questa ragione, il nostro voto all’Italicum si accompagna alla richiesta che la Legge Costituzionale ora in esame al Senato venga attentamente rivalutata alla luce del quadro che emerge dal nuovo assetto elettorale: una maggioranza più forte presuppone meccanismi di garanzia e principi di equilibrio dei poteri che nel testo licenziato dalla Camera non sono adeguati. Su questo riteniamo che sia necessario aprire un confronto aperto, con il tempo che serve allo scopo e confidiamo che le disponibilità espresse in tal senso dal Governo non siano state di maniera. Per noi la questione non è affatto di maniera.
Il nostro Gruppo voterà dunque a favore della legge. Con queste motivazioni e queste idee sul percorso lungo il quale essa andrà tradotta nel vivo della dinamica sociale e politica.
Viviamo un passaggio cruciale per molti aspetti, che incorpora in se tutte le contraddizioni di questa fase politica ed è assieme paradigma della nuova difficile dialettica, ancora in via di assestamento, tra leadership e dinamica parlamentare.
Siamo comunque convinti che per il Presidente del Consiglio questo voto aprirà una stagione di maggiore consapevolezza in ordine alla complessità dell’azione riformatrice. C’è un tempo per strappare e un tempo per consolidare le nuove situazioni: la qualità della leadership non si misura nella arrendevolezza e neppure nell’arroganza: si misura nella capacità di cogliere il senso del tempo. Noi pensiamo che che il Presidente Renzi saprà valorizzare i voti favorevoli, anche per rendere più solido il percorso del Governo di fronte alle esigenze del Paese e in particolare della sua parte più in difficoltà, ma saprà ugualmente ascoltare il messaggio dei voti contrari che tra poco si esprimeranno anche da una parte della sua maggioranza e del suo partito. Noi in ogni caso lo invitiamo sinceramente a farlo, perché la strada del cambiamento del Paese è stata solo appena imboccata e, come sappiamo bene noi montanari, per procedere in sicurezza su sentieri difficili, oltre le nebbie, serve un buon capo cordata ma serve anche una cordata convinta e solidale.