Le disponibilità emerse oggi non vanno disperse.
La mia personale idea e’ che dobbiamo dare continuità e sistematicità a questa nostra riflessione, attraverso alcune iniziative da studiare assieme.

1. Siccome serve ” pensare ” e lo spazio del pensiero per definizione e’ libero e aperto, per continuare a riflettere e studiare assieme dovremo fare un po’ ” come se “. Come se – per questo – non esistessero i vincoli delle appartenenze ai partiti, che pure oggi alcuni di noi hanno ( non tutti i presenti, peraltro e forse non la maggioranza ) e che vogliamo naturalmente rispettare.
Dunque: mettiamo assieme e valorizziamo tutte le energie disponibili per proseguire la discussione di oggi.
Sarebbe bello poter alla fine arrivare alla redazione a moltissime mani di una sorta di CARTA DELLA NUOVA AUTONOMIA APERTA E SOLIDALE , contenente i principi e le idee per una nuova filosofia dello sviluppo e per un nuovo umanesimo democratico.

2. Siccome non siamo un’isola, pur se orgogliosamente autonomi e autonomisti, sarebbe bello condividere con persone, movimenti e associazioni dei territori alpini una PIATTAFORMA COMUNE PER LE TERRE ALTE, contro l’omologazione, per l’autonomia diffusa, antidoto contro il rischio che la costituenda Regione Europea delle Alpi si traduca in realtà in una operazione a favore degli interessi forti delle pianure e delle metropoli padano-bavaresi, confinando tuttalpiù nello stereotipo di una simpatica Disneyland le aspettative delle genti alpine.

3. Siccome siamo parte integrante del nostro Paese, sarebbe bello aprire una discussione con le realtà di pensiero che si riconoscono nel campo democratico ( fondazioni, associazioni, gruppi organizzati ) attorno al ” senso ” del futuro politico italiano e delle sue forme.
Partiamo dalla lucida fotografia fatta ieri dal CENSIS nel suo Rapporto. Si mescolano, dice il Rapporto, due tendenze. Da un lato quella di un adeguamento di molti alla mediocrità, con una crescente rassegnazione alla recessione culturale e civile, oltre che economica; dall’altro quella degli scatti in avanti della politica, pensati e praticati dall’alto, ma destinati così a incidere poco difronte all’asserita inerzia del corpo sociale.
E, in mezzo, una democrazia che rasenta il confine della stanchezza e della disillusione.
La discussione da fare in modo aperto e’: come si può pensare e organizzare – in una prospettiva non di emergenza – un campo democratico plurale anche se unito; nazionale ed europeo anche se non centralista; rispettoso e anzi convinto del ruolo delle leadership ma ancora ostinatamente democratico e partecipativo; non nostalgico delle ideologie del novecento ma non per questo pragmatista e post-valoriale?

4. Si può aprire uno scenario di grande interesse anche se non scontato e non banale, che richiede certamente prudenza ma anche coraggio e curiosità. In Trentino forse possiamo pensare e agire sulla base di un tessuto più solido e più maturo. I partiti attuali, per me, sono parte e non controparte di questa riflessione collettiva, libera e aperta. Spettera’ a loro, nella loro autonomia, discutere e decidere come vedono il proprio futuro in Trentino rispetto agli scenari che potranno emergere da questa discussione.