Signora Presidente della Camera,
Signor Presidente del Consiglio,
lo strumento scelto per questo suo passaggio parlamentare è quello dell’informativa e noi La ringraziamo per le informazioni.
Tuttavia, la situazione molto difficile del nostro Paese, nel contesto europeo e internazionale altrettanto delicato e soprattutto lo scenario temporale e tematico che Lei ci ha proposto con il suo intervento, concorrono naturalmente ad andare molto oltre l’aspetto dell’informazione. Concorrono a determinare quella che possiamo definire una sorta di giro di boa nell’azione del Governo. Questo almeno e’ il nostro auspicio. E riteniamo che di questo c’è bisogno.
Dunque, non riprenderò nei pochi minuti che abbiamo a disposizione i singoli importanti temi della sua comunicazione. Lo faremo quando saremo in presenza di proposte più precise.
Riprendo, invece, il senso di questo suo passaggio.
Questo programma dei mille giorni che, in altre parole, è il programma di una legislatura, può e deve essere inteso come l’apertura di una fase, se mi consente il termine, ” adulta ” dell’impegno riformatore del Governo.
C’è stata, e in parte c’è ancora, la fase iniziale: Lei ha voluto dare segnali forti all’opinione pubblica; ha voluto – e ci è riuscito – contenere con l’apporto di tutti le spinte più populiste; ha posto il tema del cambiamento con messaggi di rottura degli schemi e delle consuetudini.
C’e’ ancora molto da fare su questo piano: lotta alle corporazioni, agli interessi consolidati, superare pigrizie e privilegi, superare egoismi che consumano futuro oltre che risorse, mettere mano a inefficienze e a pesantezze degli apparati e anche superare vuote ritualità.
E lei fa bene in questo senso a non arretrare, a tenere il punto, a non guardare in faccia nessuno, come Lei ha detto, soprattutto i più forti.
E, tuttavia, l’idea d’Italia che oggi Lei ha disegnato con il suo intervento, se ha il suo presupposto certamente in questa volontà di scardinare un presente che non piace a Lei come non piace a noi, dall’altra parte postula però, appunto, una fase adulta e matura nell’azione riformatrice del Governo.
Questo vuol dire anzitutto selezionare gli obiettivi prioritari che non sempre sono quelli più spendibili e più visibili. È vero, come Lei ha detto, che la strategia delle riforme è una strategia organica, che deve ricondursi ad un filo conduttore unitario. Tuttavia, non tutto si può fare subito. Noi siamo dell’idea che l’assoluta priorità vada data ai temi dell’economia e del lavoro, anche in relazione alla scadenza importante del Consiglio europeo di ottobre e a ciò che in quella sede potrà essere negoziato in termini di rapporto tra strategia di riforme nazionali e attuazione dei meccanismi di flessibilità.
Questa strategia adulta richiede di dedicare molto tempo e molta costanza alla qualità dei provvedimenti che si propongono al Parlamento.
Richiede di curare nei minimi particolari l’attuazione progressiva delle riforme, con puntigliosa attenzione e attitudine alla verifica.
E richiede anche di costruire un consenso vero non solo sulla necessità ma anche sul contenuto e sul ” senso ” delle riforme.
Come Lei ha detto, non è necessariamente vero che governare con logica di futuro voglia dire perdere le elezioni. Così come non è necessariamente vero neanche il contrario, cioè che vincerle voglia dire che si guarda al futuro.
Per queste ragioni, la cifra di questi mille giorni che Lei oggi ci ha disegnato in quest’Aula, deve essere più quella del ” noi ” che quella dell’io, perché quella collettiva è l’unica cifra che può rendere possibile, concreto, irreversibile, il processo di ricostruzione del nostro Paese.
Non c’è ricostruzione senza una democrazia partecipata, solidale e comunitaria. Partecipata e diffusa: noi non condividiamo e anzi riteniamo ridicole le accuse di svolta autoritaria. Le riforme, anche istituzionali, andavano e vanno fatte. Tuttavia, il mondo che cambia intorno a noi e dentro di noi richiede una grande discussione sulla qualità della nostra democrazia, perché i cittadini devono essere produttori e non solo consumatori o spettatori della politica.
La democrazia deve essere poi solidale, perché la competitività e la velocità, senza equità e senza solidarietà non creano bene comune.
E poi, non c’è ricostruzione senza una democrazia comunitaria, posto che tra l’individuo e lo Stato non c’è il nulla. C’è, invece, quel tessuto vivo dei nostri corpi intermedi. Lei ha fatto bene, secondo me, a snobbare Cernobbio. E, tuttavia, ci sono, come Lei ben sa e ce lo ha anche detto, mille altre forme di realtà intermedie, vecchie e nuove: associazioni, reti di impresa, realtà cooperative, territori che si organizzano. Ci sono forze sindacali che, certo, saranno anche talvolta conservatrici e, tuttavia, sono quelle che di fronte ai lavoratori, pubblici e privati, dicono una parola di saggezza, talvolta anche di serenità, nel momento nel quale la rabbia sta covando nel nostro Paese.
Ci sono poi le famiglie: io colgo l’occasione per dire che noi ci aspettiamo segnali molto concreti, come sono stati positivamente annunciati, su questo piano. Sul piano dell’attenzione fiscale alle nostre famiglie, alle famiglie con figli. Noi non vorremmo che la risposta al tema della famiglia fosse questo strano e, dal nostro punto di vista, non accettabile «fai da te» di alcuni comuni in ordine a questioni che hanno rilevanza culturale ed etica di grande spessore.
Ecco, noi pensiamo che i mille giorni che Lei ci ha disegnato – e noi abbiamo molto apprezzato – debbano essere anche una chiamata a raccolta di tutte queste energie, ciascuna delle quali è un tassello irripetibile nel mosaico del nostro Paese.
Dicevo che non posso qui approfondire nessuno dei temi, visto che non ne abbiamo il tempo.
Ne vorrei citare solo uno che, dal nostro punto di vista, è un po’ un paradigma della nostra visione e, siamo certi, anche della Sua.
Mi riferisco alla lotta alla povertà e alle disuguaglianze. I dati italiani sono drammatici e non riguardano più solamente le categorie sociali classicamente emarginate. Il 10 per cento della popolazione, tra i quali un milione e mezzo di minorenni, versa in condizioni di povertà e il reddito medio è calato del 13 per cento in sei anni.
Noi riteniamo che la lotta alla povertà dovrà essere il filo conduttore di tutte le politiche pubbliche e delle responsabilità collettive, anche mettendo in campo progetti integrati e utilizzando le risorse del Fondo sociale europeo, per sperimentare forme nuove di sostegno, sul tipo del reddito di cittadinanza, condizionate, però, a studio o a ricerca di lavoro; piani di lotta alla dispersione scolastica; progetti di diffusione e qualificazione della formazione professionale; attivando molte delle misure positivamente inserite nel libro bianco sul terzo settore che il Governo ha varato e soprattutto valorizzando, appunto, la realtà del no profit, dell’impresa sociale, della comunità organizzata.
Infine – e concludo, signor Presidente – ho fatto riferimento prima alla categoria del ” noi “, che so essere molto cara anche a Lei, vista la sua storia e la sua formazione.
Questa categoria del “noi ” vale anche per la Sua maggioranza.
Il percorso che oggi Lei ha indicato richiede tenuta e convinzione da parte della maggioranza che regge il Governo. Nella Sua maggioranza, come sa, c’è chi in prospettiva lavora ad una alleanza politica alternativa a Lei e al Suo partito e chi invece, come tra l’altro il sottoscritto, lavora per una alleanza strategica con Lei e con il suo partito.
In ogni caso, questa maggioranza per i prossimi mille giorni che Lei ha disegnato, ha grandi responsabilità, al di là di improbabili e interessati soccorsi azzurri.
Ciò richiede però maggiore condivisione, più gioco di squadra; certamente non gli stanchi riti e le parate del passato, ma condivisione dei passaggi certamente sì, perché appunto è una scommessa comune quella che Lei ha lanciato e che noi assolutamente vogliamo giocare.
Lorenzo Dellai, Presidente del Gruppo Parlamentare Per l’Italia