Presidente, signor Ministro, il nostro gruppo parlamentare la ringrazia per il suo intervento. Noi l’abbiamo trovato sobrio e serio, direi essenziale. Qualcuno ha scambiato questa essenzialità per reticenza, noi non lo crediamo. Non crediamo neppure che sia solo espressione del suo carattere, del modo che ha di comunicare. Crediamo piuttosto – ne siamo sicuri – che questa essenzialità sia stata il frutto della sua piena consapevolezza della grande difficoltà di questo momento, e noi pure siamo consapevoli della difficoltà. Di fronte ai dati dell’ISTAT? Si e no. Io credo che il clamore e la preoccupazione comprensibili provocati dalla pubblicazione di questi dati debbano tener conto del fatto che la situazione era già nota. Bastava leggere tra le righe, bastava ascoltare ciò che accade dentro il mondo delle imprese e delle famiglie. A questo suo atteggiamento di essenzialità e di responsabilità deve corrispondere anche l’atteggiamento di responsabilità del Parlamento e, per quanto ci riguarda, questo è fuori discussione.
Noi non siamo qui a lanciare proclami, a lanciare recriminazioni, a lanciare accuse dirette o indirette, come abbiamo sentito, né a propugnare ricette. Abbiamo visto all’opera soloni di vario genere a questo riguardo. Al contrario, noi siamo qui a ribadire che avvertiamo l’obbligo dell’umiltà nel riconoscere che la strada, era per Enrico Letta e rimane per Matteo Renzi, una strada lunga e tutta in salita. Noi vorremmo che di questa consapevolezza fosse portatore l’intero Governo. Vorremmo che questo atteggiamento fosse patrimonio condiviso e vissuto del Governo e della maggioranza. Noi non avevamo per così dire suonato le campane a distesa in una sorta di attesa messianica nel febbraio di quest’anno e non riteniamo di suonare certamente a morto le campane oggi, dopo i dati dell’ISTAT di ieri. Ci sembrano questi due atteggiamenti poco politici e poco responsabili. Per questa ragione, nel ribadire il nostro pieno e leale sostegno al Governo, noi invitiamo il Governo a concentrarsi sulle cose che veramente contano, dicendo parole di sobrietà e di verità agli italiani. Lo invitiamo a comporre un quadro coerente ed organico delle non molte cose che il Governo, e noi con esso, si impegna a fare da qui ai prossimi citati mille giorni.
Un quadro organico che leghi in una matrice comune politiche di riduzione e qualificazione della spesa, politiche economiche, piano industriale di riorganizzazione radicale della pubblica amministrazione, politiche per il lavoro e per l’equità; politiche in sede europea.
La lettera che il Presidente del Consiglio ha fatto arrivare ieri ai capigruppo della maggioranza di Camera e Senato a noi è parsa, in questo senso, una buona base di partenza, indica una buona pista di lavoro.
Invitiamo, in questo senso, il Governo a rafforzare il rapporto di condivisione con la sua maggioranza, perché ci aspetteranno tempi difficili.
Leggiamo di improbabili, auspicati, evocati «soccorsi azzurri». Noi riteniamo che la strada debba essere invece, da parte del Governo, quella di lavorare per consolidare la condivisione nella sua maggioranza, per coordinare meglio le attività, in modo tale, fra l’altro, da evitare anche le pessime figure che tutti quanti abbiamo fatto in questi giorni a proposito dei decreti che abbiamo appena approvato.
Per quanto ci riguarda, noi siamo convintamente pronti a collaborare in questo senso, anche con un raccordo più stretto, più incisivo, con altre forze politiche di questa maggioranza.
Il Presidente Renzi ha voluto ribadire, e noi siamo d’accordo, il primato della politica ed è intorno a questo, credo, che si giocherà molta parte del futuro di questo Governo.
Perché , infatti, le scelte che dovremmo prendere sono tutte altamente politiche.
Sono politiche, certamente, le scelte che riguardano il capitolo, che lei ha abbondantemente citato, della revisione della spesa. La revisione della spesa è solo in minima parte ciò che interessa invece molto i giornali, cioè quanto costa una siringa in un posto e nell’altro del nostro Paese; certo è anche questo, ma la politica di revisione della spesa è opera altamente politica, perché in primo luogo chiama in causa la decisione su quali diritti individuali e collettivi debbono essere tutelati dalla pubblica amministrazione, in che misura e a fronte di quali doveri verso il bene comune.
Sono certamente politiche le questioni che riguardano il rapporto tra la spesa pubblica centrale e la spesa pubblica degli enti locali.
Va molto di moda l’ornitologia in questi giorni e, dunque, dico che noi non partecipiamo al tiro al piccione contro regioni e comuni. Mi limito ad osservare che sprechi e inefficienze sono ovunque, che comunque dal 2010 in poi la spesa pubblica territoriale è diminuita, mentre quella centrale è aumentata, e mi limito semmai a dire che non è con la strada del centralismo e dello statalismo che si possono affrontare queste questioni. È piuttosto attraverso la strada di un rapporto – che oggi non c’è nel nostro Paese – fra chi ha la responsabilità della spesa e chi ha la responsabilità delle entrate.
E ricomporre questo circuito virtuoso è, in fin dei conti, la traccia, se vogliamo, per ricostruire quella idea di un paese democratico, plurale e autonomista che è stata, mi pare, un pochino smarrita nel dibattito di questi giorni al Senato.
Infine, sono politiche anche le scelte che riguardano la priorità nella scelta dei beneficiari delle misure fiscali e delle varie politiche che il Governo mette in campo.
È questo un tema sul quale dovremo lavorare molto più in profondità, anche come maggioranza.
In generale ci sembra pertinente l’ordine di priorità che indicava ieri il professor Quadrio Curzio sul Mattino: investimenti, occupazione, redditi, consumi. La sequenza inversa, come sappiamo, è piuttosto improbabile.
Così come ci pare logico che le priorità nell’uso delle poche risorse che abbiamo debbano essere destinate, per quanto riguarda la lotta alla povertà e l’impoverimento, a forme innovative di reddito di cittadinanza e, per quanto riguarda il fronte della coesione, ad una politica familiare seria e rispettosa del carico che le famiglie sopportano per i figli.
Dunque, in conclusione, signor Ministro, da parte nostra questo è l’invito: nervi saldi, umiltà, determinazione e coraggio, consapevolezza che la strada è lunga e difficile; non sarà un autunno di grande serenità e di grande facilità, lo sapevamo.
Tuttavia io penso che dipenda senz’altro anche da noi la risposta alla domanda vera, cruciale che in questi giorni molti si pongono: l’Italia è in una fase pur difficile e drammatica di recessione o si è ormai incamminata strutturalmente sulla deriva della crescita zero?
Su questa domanda io credo che dovremmo tutti lavorare e a questa domanda dovremmo tutti concorrere a che non sia data la risposta più inquietante.