Le grandi opere, la riforma istituzionale, l’attenzione alla ricerca: pezzo dopo pezzo, Ugo Rossi sta profondamente modificando le architravi della Provincia pensata da Lorenzo Dellai. E lui, che ne pensa? «Non voglio interferire in alcun modo – afferma diplomatico – è ovviamente legittimo che cambino le impostazioni: ogni periodo ha le sue priorità ed è giusto che ogni nuovo presidente dia un indirizzo al proprio mandato. Ma credo sia importante che di ogni disegno si comprenda l’impostazione». La sua quale è stata? Abbiamo cercato di perseguire un disegno secondo priorità precise: grandi investimenti sulla conoscenza e la modernizzazione del Trentino, riforme della democrazia autonomista nel segno della qualità e del carattere comunitario del suo welfare. Vede garantite queste priorità anche da Rossi? Lo ripeto: nessuna interferenza. Ma se non ho capito male quanto mi hanno detto gli amici Gilmozzi e Mellarini nell’ultima riunione dell’Upt, si sta partendo con un percorso di discussione pubblica delle nuove linee di sviluppo della Provincia. Benissimo, sono temi che vanno condivisi. In che termini andrebbe affrontata questa discussione pubblica? Penso che debba trasformarsi in un’occasione importante per tutte quelle forze politiche e sociali che credono in una concertazione effettiva e responsabile. Magari anche affrontando il tema del Terzo Statuto? Certamente. La cornice deve essere quella di un Trentino in cui l’autonomia non sia un semplice fatto amministrativo bensì un sogno collettivo, un progetto di società. Nel Trentino che io sogno, qualità e conoscenza devono continuare ad essere risorse fondamentali. Ma in fin dei conti è dagli anni ’60 con Kessler che si persegue questa strategia. E se ogni epoca ha le sue visioni, è importante che si rimanga in questo solco: un Trentino cioè che non rinuncia ad essere laboratorio, a sperimentare cose nuove. Spero che questo rimanga un punto di riferimento importante. Anche nell’attuale fase di contrazione delle risorse? Non si tratta di un lusso che il Trentino oggi non può più permettersi? È chiaro che con meno risorse le scelte diventano più stringenti. Ma si tratta sempre e comunque di un problema di scelte, cioè dell’ idea di società che si vuole perseguire: accadeva così anche quando le risorse erano più abbondanti. Quindi è legittimo discutere di visioni eventualmente diverse, ma è importante che vengano enunciate, discusse e verificate. Poi starà alla responsabilità di tutti il perseguirle. Lei ha sempre parlato di Trentino “glocal”: è una formula ancora attuale? Lo è sempre più. La crisi globale rende ancora più forte la necessità che i territori riscoprano le proprie radici e al tempo stesso la propria volontà di innovazione: quindi da un alto filiere corte, dall’altro capacità di aprirci al mondo, mettendoci in gioco. Cambiando argomento: come mai non ha partecipato alla convention del nuovo movimento politico lanciato da Corrado Passera? Ho la massima stima in Passera, ma ho la netta impressione che si tratti di un’iniziativa che, per definizione, mira al campo del centrodestra. Così effettivamente ha detto anche Passera. Ecco. E già si tratta d un campo che non è il mio. E poi si tratta di un campo arato in modo maldestro da altri coltivatori che hanno visioni tutt’altro che nuove. Ma soprattutto, si tratta di un campo ancora profondamente inquinato dal ventennio berlusconiano. Perché si deve sempre tenere presente che il berlusconismo non è legato solo a una persona, ma è un fatto culturale, un’intero modo di vedere la vita e la politica. Io personalmente, in coerenza con quanto ho sempre fatto, continuo a ritenere che la mia cultura di cattolico democratico di matrice popolare e degasperiana debba essere messa a frutto in un campo diverso. Ha parlato di “campo democratico”. Ma in che rapporti con il Pd? Per “campo democratico” intendo un’area in cui possano ritrovarsi realtà territoriali e culture politiche come quella che io manifesto, che assieme possano realizzare quello che negli anni ’90 fece l’Ulivo: un’aggregazione di forze politiche e culture diverse che stanno insieme per un progetto avanzato, per un’italia democratica e riformista. I numeri però sembrano indicare un’autosufficienza di Renzi. Renzi è persona intelligente. E il Pd nei prossimi mesi si misurerà proprio nella capacità di costruire questo tipo di scenario: se così sarà, noi ci saremo, con la nostra autonomia ma con la massima collaborazione. Pur tra luci e ombre, è infatti fuori discussione che Renzi rappresenti una parte importante della speranza di cambiamento del nostro Paese. E penso che cattolici democratici non possano che stare in questa parte del campo.

Intervista pubblicata sul Trentino – domenica 15 giugno 2014